8.5
- Band: ASPHYX
- Durata: 00:37:28
- Disponibile dal: 13/04/1991
- Etichetta:
- Century Media Records
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Quando nel 1991 uscì nei negozi “The Rack”, erano davvero in pochi ad aver sentito parlare degli Asphyx. Tra quei pochi però c’erano personaggi importanti che li segnalarono all’attenzione della Century Media, che proprio grazie alla band olandese (e ad Unleashed, Iced Earth, Grave e Tiamat) riuscì a diventare una della maggiori compagnie discografiche in ambito estremo. “The Rack” arriva dopo una manciata di demo molto ben fatti ma che ovviamente rimasero racchiusi nell’underground. La formazione al tempo era composta da Eric Daniels alle chitarre e Bob Bagchus alla batteria; lo split di Martin Van Drunen con i Pestilence permise quindi ai ragazzi di godere dei servigi di una delle più grandi voci del death di sempre, oltretutto al massimo della propria forma. Gli Asphyx si mettono da subito in evidenza per un sound decisamente particolare, che unisce il sudiciume ed il grezzume del death di matrice svedese con i rallentamenti ai limiti del doom che vengono utilizzati con costanza al di là dell’oceano. Il risultato finale è un sound pesantissimo e sporco, sopra al quale Van Drunen vomita i propri testi intrisi di sangue. Questo primo, pestilenziale vagito rimane a tutt’oggi uno dei migliori esempi di death metal violentato dal doom, sebbene probabilmente inferiore al successivo capolavoro “Last One On Earth”. Fatto sta che brani quali “Vermin”, “Pages In Blood” o “The Rack” appartengono di diritto alla storia del genere e sono classici che chiunque dovrebbe conoscere a menadito. Proprio la title track risulta essere l’episodio più interessante del lotto, grazie ad una durata esagerata per i canoni dell’epoca – oltre i nove minuti – durante i quali Daniels disegna riff più elaborati e “floridiani” rispetto al resto del lavoro e dove ovviamente i rallentamenti si sprecano e sul finale in sottofondo, nascoste sotto un muro distorto si nascondono delle tastiere che accompagnano l’ascoltatore verso il termine dell’album. I rimanenti brani si segnalano per sporcizia sonora estrema e per un utilizzo molto marcato del downtempo, che entra in gioco proprio quando quasi tutte le altre band fanno a gara per vedere chi va più veloce, in una folle corsa che porterà a ben poco. Anche gli Asphyx alla bisogna sanno spingere sull’acceleratore, come dimostrano numerosi frangenti di “Vermin” e “Wasteland Of Terror”, ma il meglio lo danno quando descrivono l’abisso, come nel finale plumbeo di “Evocation” e nell’intensissima “Pages In Blood”, dall’incedere quasi epico disintegrato da un finale ad altissimo tasso adrenalinico. Il basso di Van Drunen aiuta non poco nel dare profondità al suono dei nostri ed un gran lavoro compie anche Bagchus dietro le pelli. Insomma, gli Asphyx (insieme agli Incantation, anche se in modalità differenti) aprono nuove opportunità e donano nuova linfa al death metal, amplificando a dismisura i tempi medi e lenti ed utilizzandoli in netta contrapposizione con le sfuriate tipiche del genere: anche se a conti fatti non saranno in moltissimi a seguire questa strada – il doom death che si svilupperà seguirà coordinate assolutamente non paragonabili a quelle espresse in “The Rack” – il terzetto olandese merita di entrare a pieno titolo tra i grandissimi della musica estrema, soprattutto grazie ai primi due, imprescindibili lavori.