7.5
- Band: ASSUMPTION
- Durata: 00:36:52
- Disponibile dal: 20/04/2018
- Etichetta:
- Everlasting Spew Records
- Sentient Ruin
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Se gli Haemophagus rappresentano la faccia grind della passionalità death metal di Giorgio (batteria) e David (tutti gli altri strumenti e voce), agguerrito duo palermitano, gli Assumption ne sono la rappresentazione comatosa, la putrescenza al rallentatore che, al pari degli Haemophagus, riluce di ombrose coloriture arcobaleno. E se può risultare un incoerente ossimoro parlare di tinteggiature caleidoscopiche per una proposta orribilmente fangosa, risucchiante vitalità e piacevolmente vittima di una pesantezza monumentale, ci si accorge in poco tempo che l’essere stralunati ben si coniuga al rigore del death-doom. Sono sguscianti le tre tracce di “Absconditus”, interpretate con accanita filologia verso i maestri del funeral doom più soffocante quando ci si cimenta con sonorità tutto sommato tradizionali; diventano un inno alla psichedelia cosmica, un’assurdità di intangibili effetti dilatati, quando chitarre, basso e batteria si fanno da parte e le normali strutture si sgretolano in una melassa traslucida. Le connessioni fra i due approcci sono labili, le angolature più distorte e inconoscibili possono emergere in avvio, come interrompere il flusso iracondo di movimenti alla Incantation senza alcun preavviso, facendo sprofondare da un incubo all’altro. Raggelante il cantato, un abisso gigantesco che reclama anime dolenti; accordate a tale gorgoglio vi sono chitarre scolpite in una spessa materia aliena, ricoperte di un sottile sospetto di oniriche visioni, come usavano fare i grandiosi e non abbastanza apprezzati Indesinence. Una solidità nel decantare crudele poesia che rimanda facilmente anche al fosco mondo degli Evoken, maestri nel narrare sventure dell’animo, indagatori della sofferenza mentale con una sensibilità assai perspicace nel mettere a nudo lo sconforto e la disperazione. Limitandoci al solo carattere death metal, gli Assumption potrebbero essere collocati nella categoria dei ‘follower’, per quanto dotati di riff di valore e una conoscenza accurata della materia. Le incursioni psichedeliche, così prolungate, annichilenti nella loro straniante opera di allontanamento da un confortevole contesto metal, svelano una sensibilità labirintica, una cultura musicale fuori dal comune e la volontà di andare incontro all’ignoto, costi quel che costi. Un album, “Absconditus”, che quando scivola nell’allucinazione diventa qualcosa di unico, promettendo in futuro un proseguimento del discorso ancora più coraggioso e destabilizzante.