8.0
- Band: ASSUMPTION
- Durata: 00:55:38
- Disponibile dal: 20/05/2022
- Etichetta:
- Everlasting Spew Records
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È un’esperienza totalizzante quella che si vive ascoltando “Hadean Tides”, secondo album della formazione di origine siciliana Assumption, divenuta per questo nuovo, ampio full-length una band a tutti gli effetti, un famelico quartetto d’assi, mentre in passato le sorti del discorso erano a completo appannaggio del duo Giorgio Trombino (chitarra, voce, sintetizzatori)-David Lucido(batteria). Noti anche per la passata militanza negli altrettanto inventivi Haemophagus, coi precedenti lavori (degno di nota anche il primo EP “The Three Appearences”) i due avevano offerto un death-doom molto dettagliato e coraggioso, con una miscellanea coesa di spunti tradizionali e avventure in mondi lontani. Le aggiunte al loro fianco rispondono ai nomi di Matija Dolinar (chitarrista anche dei Siderean) e Claudio Troise (bassista, in line-up pure nei Tenebra), musicisti di valore adatti a interpretare e ampliare la visionarietà degli Assumption. Si riparte allora dal death-doom dalle imponderabili virate nella psichedelia e nell’avanguardismo delle pubblicazioni precedenti, perseguendo un cammino inizialmente simile, per poi portarsi verso un’arditezza che gli conoscevamo solo in parte.
L’avvio non può allora che dedicarsi a un profondo, greve, enfatico death metal rallentato di impronta americana, mitigato da svolazzi melodici e spunti solisti meritevoli di accostarsi al gotico inglese e, nelle accelerazioni, al miglior death metal old-school oggi in circolazione. Con “Oration” e “Submerged By Hadean Tides” si fondono cadenze alla Incantation, parossismi febbrili tipici di una realtà come i Dead Congregation e un respiro solista che ci ricorda una straordinaria realtà di nicchia come i defunti Indesinence. Sogni distorti in incubi allucinati, crepuscoli di sangue e torbidezze colorate, si intersecano e si amalgamano, all’interno di uno stile classicissimo per alcuni versi, eppure bello fresco e incisivo, senza sfoggio di cliché. Come accaduto efficacemente in “Absconditus”, qui con ancor maggior scioltezza, progressivamente il suono si obnubila e si spande in filoni stranianti. “Breath Of The Dedalus” si butta senza indugi nella dungeon synth più tenebrosa, e lo fa in modo eccellente, inserendosi perfettamente nel mood narrativo del disco. “Triptych” inizialmente si trascina indolente, ci stordisce di parole che escono calme ed enigmatiche, trasfigurando completamente il death-doom di partenza; successivamente va ad aprirsi, vomitandoci addosso una colossale cavalcata death metal, incalzante e pure di facile presa.
Gli Assumption sono a bravi a dosare i colpi di genio, a ‘infilare’ arrangiamenti spettrali, schizzati e apparentemente fuori contesto quando meno li si aspetta, salvo poi procedere per coordinate urgenti e tremende, sfoderando un’artiglieria pesante implacabile e comunque ricca di finezze. L’attenzione per le melodie cristalline, ben esemplificata dalla maestosa suite finale “Black Trees Waving”, è quella di leader del settore come gli Evoken, rispetto ai quali si coglie la medesima capacità di alternare colpi durissimi e distensioni di ampio respiro. L’uso della voce esprime, sempre restando a “Black Trees Waving”, doti interpretative molto ampie, segnale che la band potrebbe andare ancora oltre nelle contaminazioni, come del resto le inflessioni dei sintetizzatori già facevano supporre. È un piatto abbondante, saporito e in ultimo equilibrato, quello di “Hadean Tides”, un’ode al death-doom sperimentale ma splendidamente concreto e ferale come questa musica dovrebbe essere.