6.5
- Band: ASTRAL DOORS
- Durata: 01:04:12
- Disponibile dal: 29/01/2004
- Etichetta:
- Locomotive Music
- Distributore: Frontiers
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Cosa succede, i Black Sabbath si sono riuniti con Ronnie James Dio, hanno sfornato un nuovo disco e nessuno ci ha avvisato? Niente paura, il platter in questione non è un ritorno dei padri del metal, trattasi “semplicemente” del debutto discografico degli Astral Doors, formazione svedese dedita ad un sound molto vicino a quello che sul finire degli anni ottanta fece la fortuna di Tony Iommi, Tony Martin e compagnia. Le influenze seminali di dischi come “Headless Cross” o “Tyr” si percepiscono eccome nella musica degli Astral Doors, così come è facile intuire quanto il singer Nils Patrick Johansson porti nel cuore l’eredità lasciata da Ronnie Dio, addirittura in brani quali “Cloudbreaker” e “Of The Son And The Father lo svedese (oltre ad avere una timbrica molto simile a quella dell’elfo malefico) tenta pure di imitarne le cadenze vocali. Come tributo al migliore hard rock settantiano , il tastierista Jocke Roberg infarcisce le canzoni degli Astral Doors con un hammond dal gusto sì old-fashoned, ma volutamente incapace di interferire con la matrice classic metal su cui si erge la colonna portante dell’intero disco. Anche la produzione si mette in bella mostra, in particolare le chitarre di Joachim Nordlund e Martin Haglun sprigionano una potenza senza pari, quasi a decantare una band priva di punti deboli. Non è così, già dopo una breve serie di ascolti “Of The Son And The Father” denota un certo “grigiume” in ambito di song-writing, le buone idee non sono poi così tante mentre la maggior parte dei pezzi finisce per risultare alquanto scontata. In fondo non dimentichiamoci che ci troviamo di fronte ad un album di debutto: gli Astral Doors già dalla prima prova in studio convincono e sono autori di un disco destinato a passare tante volte sul lettore cd, solo il tempo e l’impegno aiuteranno i giovani svedesi a migliorare, a noi non rimane altro che attendere.