AT THE GATES – The Red In The Sky Is Ours

Pubblicato il 21/09/2018 da
voto
9.0
  • Band: AT THE GATES
  • Durata: 00:45:50
  • Disponibile dal: 27/07/1992
  • Etichetta:
  • Peaceville
  • Distributore: Self

Spotify:

Apple Music:

Come più o meno tutti converrete, “Slaughter Of The Soul” degli At The Gates è considerato a pieno merito, nell’ordine e speriamo senza esagerare, uno dei migliori dischi di metal estremo di tutti i tempi, il massimo esponente mondiale del genere melodic death metal, l’opera migliore e più immortale della band di Goteborg, al tempo all’apice di una carriera fin lì assolutamente impeccabile. Il futuro della loro storia, fino ad arrivare al recente “To Drink From The Night Itself”, è abbastanza noto; ciò che è meno noto e spesso anche dimenticato è quello che ‘Tompa’ Lindberg e soci hanno compiuto agli inizi della loro parabola musicale, quando il loro nome non era ancora assurto a glorie supreme e splendeva solamente nell’underground del circuito. E’ stata dura scegliere quale disco incensare, tra i primi due full-length degli At The Gates, ma rispetto a “With Fear I Kiss The Burning Darkness”, crediamo che “The Red In The Sky Is Ours” meriti di più, si voglia anche solo per essere stato composto prima.
Tralasciando la breve storia dei Grotesque, primissima formazione in cui un giovanissimo Tomas Lindberg aka Goatspell brandiva il microfono per le prime volte affiancato dall’allora fido Necrolord (Kristian Wahlin, noto soprattutto per i suoi artwork) e dal chitarrista The Haunting (Alf Svensson), gli At The Gates si formano nel 1990 dalle ceneri degli Infestation, entità effimera che visse solo qualche mese dando alla luce il pressoché inascoltabile demo in cassetta “When Sanity Ends”, molto più Stoccolmiano ed Entombed-oriented di quanto verrà da lì a poco, e formata da ‘Tompa’ a voce e basso, i gemelli Anders e Jonas Bjorler rispettivamente a chitarra e batteria e dall’altro chitarrista Bjorn Mankner. A settembre di quell’anno, però, un upgrade soprattutto tecnico è necessario e i Nostri decidono di sciogliere gli Infestation formando gli At The Gates, spostando Jonas al basso e reclutando Adrian Erlandsson per le pelli e l’ottimo e creativo Alf Svensson a dar manforte in sede compositiva ad Anders e ‘Tompa’. Il primo vagito discografico pubblicato dalla fresca incarnazione è l’EP di culto “Gardens Of Grief” (1991), mostrante già tutti i prodromi dei primi At The Gates e delle composizioni fantasiose ed innovative; ma è l’anno successivo che finalmente la band si accasa alla Deaf Records, sub-label della Peaceville, e dà alla luce l’esordio “The Red In The Sky Is Ours”.
Inspiegabilmente (forse erano occupati?), per registrare il loro debutto gli At The Gates optano per l’ART Studio, senza proseguire la collaborazione con i Sunlight che era iniziata con “Gardens Of Grief” e che continuerà in seguito per “With Fear I Kiss The Burning Darkness”; ma ciò, pur determinando un suono forse meno iconico e meno profondo, non pregiudica il risultato finale del lavoro, che presenta una trackist assolutamente vincente ed un songwriting per l’epoca rivoluzionario. Probabilmente solo i Dark Tranquillity di “Skydancer” (1993) si spingeranno oltre questi At The Gates, a livello di complessità ed intricatezza di riffing, sperimentazione prog, cambi di tempo e doppie linee melodiche di chitarra. La voce sgraziata e acidissima di ‘Tompa’, allora fin troppo acerba ma certamente adatta per la proposizione di un melodic death metal ad alto tasso tecnico, è solo la ciliegina sulla torta di un dolce basato essenzialmente sulle vorticose partiture alle sei-corde dettate da Anders Bjorler e da Alf Svensson, vero e proprio riffmaker di culto, capace di far evolvere, involvere e plasmare a suo piacimento la struttura di ogni singolo episodio. Non c’è una-traccia-una, difatti, che si possa definire immediata o catchy – ad eccezione di “The Scar” – ma ogni canzone necessita di svariati ascolti per essere compresa ed assimilata nel profondo, in ogni sua più minima variazione di tema o atmosfera. Da bravi visionari quali erano (e quali ancora sono), gli At The Gates pitturano una tela su cui rosso e nero prevalgono, lasciando altri colori in secondo piano, per un metal estremo dal vero appeal decadente e dotato di testi all’avanguardia, distopici, crudi ma anche autunnali e poetici. Le puntellature originali del violinista Jesper Jarold sono una pressoché assoluta novità in ambito death metal scandinavo e i suoi interventi – molto rilevanti l’outro intitolato “The Season To Come” posto a chiosa dell’iniziale e bruciante title-track, oppure gli assoli strazianti nel bel mezzo di “Through Gardens Of Grief” – se ora ci paiono quasi normali, al tempo erano delle soluzioni paurosamente avanti; ricordiamo, a proposito, che l’esordio dei My Dying Bride “As The Flower Withers”, in cui si palesa l’uso regolare del violino in un disco death metal, è praticamente coevo di “The Red In The Sky Is Ours”. Ed è proprio con un incedere doomy à la MDB che si presenta “Within”, uno dei brani più lunghi, articolati e dalla natura progressiva presenti in tracklist: un vero, mai riconosciuto, capolavoro assoluto. Un breve e dolorante incipit di violino apre “Windows”, altro pezzo imprescindibile di questo lavoro, al pari della ancora oggi suonata “Kingdom Gone”: la ‘solfa’ non cambia, siamo sempre su eccelsi livelli di melodic death metal progressivo, nel quale Adrian Erlandsson alle drums si ritaglia ampi spazi di comando, guidando solido ma mutevole i suoi compagni attraverso valli scoscese e impervie di ritmiche telluriche e continue dimostrazioni di bravura; stesso discorso non si può fare per il basso di Jonas Bjorler, sacrificato troppo nel mixing finale, come spesso accadeva nelle produzioni di inizio-metà anni ’90, ma ad esempio in “Neverwhere” – altra canzone incredibile, dove il puntuale violino sorprende spesso – riesce comunque a ritagliarsi qualche passaggio significativo e più personale.
Si volge verso la fine del lavoro e tocca a “The Scar” quietare un attimo le acque grazie ai sussurri vocali di ‘Tompa’ e al crescendo elettrico delle sole due chitarre (e del basso?) per un breve momento di calma angosciante, di poco precedente le ultime due sferzate micidiali, quelle “Night Comes, Blood Black” e “City Of Screaming Statues” – unico brano ripreso dall’EP “Gardens Of Grief” – che altro non fanno che chiudere alla grande un lavoro epocale e assurdamente avanti, offuscato dall’opulenta ingombranza di “Slaughter Of The Soul”, vero, ma per certi aspetti sicuramente più ricco, futuristico e appagante di qualsiasi altra cosa pubblicata dagli svedesi nella loro carriera. Grazie At The Gates, grazie Alf Svensson, la vostra eredità resterà sempre al sicuro nei nostri cuori.

TRACKLIST

  1. The Red In The Sky Is Ours / The Season To Come
  2. Kingdom Gone
  3. Through Gardens Of Grief
  4. Within
  5. Windows
  6. Claws Of Laughter Dead
  7. Neverwhere
  8. The Scar
  9. Night Comes, Blood Black
  10. City Of Screaming Statues
0 commenti
I commenti esprimono il punto di vista e le opinioni del proprio autore e non quelle dei membri dello staff di Metalitalia.com e dei moderatori eccetto i commenti inseriti dagli stessi. L'utente concorda di non inviare messaggi abusivi, osceni, diffamatori, di odio, minatori, sessuali o che possano in altro modo violare qualunque legge applicabile. Inserendo messaggi di questo tipo l'utente verrà immediatamente e permanentemente escluso. L'utente concorda che i moderatori di Metalitalia.com hanno il diritto di rimuovere, modificare, o chiudere argomenti qualora si ritenga necessario. La Redazione di Metalitalia.com invita ad un uso costruttivo dei commenti.