7.5
- Band: ATREYU
- Durata: 00:47:03
- Disponibile dal: 18/09/2015
- Etichetta:
- Spinefarm
- Distributore: Universal
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Sei anni di silenzio, costellati da separazioni, side project, tour ma, principalmente, da un silenzio assordante. Gli Atreyu possono fregiarsi del titolo di band che ha segnato una decade, una decade di metalcore emozionale, fatto di frange, mascara, ciuffi piastrati e così via. Un album come “The Curse” non può essere accantonato, non dopo la gargantuesca influenza che ha avuto su i metal kid di mezzo mondo cresciuti nel primo decennio degli anni ’00. Tracce come “Right Side Of The Bed” e “Bleeding Mascara” hanno segnato una generazione, che piaccia o meno, e adesso la band di O.C. è tornata, carica come non mai, dopo più di un lustro di silenzio, e sembra aver deciso di fare le cose per bene. Quindi bando alle ciance e tuffiamoci nella mischia con la title track, che ci mostra una band che sembra non essere invecchiata un minuto dai fasti di “The Curse”, regalandoci una prima performance solida e convincente di puro metalcore made in USA. Continuiamo poi con le stilettate “Live To Labor”, pezzo catchy e muscoloso, dove il roco scream di Alex Varkatzas si articola in una prestazione al fulmicotone. La successiva, cadenzata, “I Would Kill/Lie/Die (For You)” ricorda abbastanza da vicino alcuni degli episodi dal corso del (discreto) “Congregation Of The Damned” scorrendo con piacere, ma senza emozionare più di tanto. I Nostri tornano a pestare sull’acceleratore con la successiva “Cut Off The Head”, pezzo a tutto groove che ci fa decisamente muovere il piedino. “A Bitter Broken Memory” ci regala gli Atreyu più radiofonici, con la calda, inconfondibile timbrica del batterista Brandon Saller che già ci immaginiamo aizzare cori nelle arene in sede live. Torniamo poi, surfando, agli esperimenti rock n’ roll di “Lead Sails and Paper Anchors” con “Brass Balls”, uno dei pezzi più spassosi e caciaroni di questa ultima fatica dell’ensemble dell’assolata California, con quella sua dichiarazione di guerra “Say What you want, we don’t give a fuck, we learn things the hard way“. Tra gli altri episodi degni di nota, “Start To Break”, con quel suo riff idealmente a metà tra i Warrant e gli As I Lay Dying, con in aggiunta uno dei ritornelli più riusciti di questo lavoro ad opera di un Brandon in vero stato di grazia, e la variegata “Reckless”, con la sua cavalcata finale che siamo sicuri farà sfaceli nei moshpit di mezzo mondo. La conclusiva “So Others May Live”, già sentita qualche mese fa in quanto primo vero singolo promozionale è il solito pezzo Atreyu al 100%, con riffoni sfolgoranti, accelerazioni e linee vocali mai banali e sempre sopra le righe, grazie alla ormai super rodata coppia d’assi Varkatzas/Saller, ed anche alle soventi escursioni soliste della sei corde del caro Dan Jacobs. A parere di chi scrive, questo “Long Live” è, probabilmente, il migliore disco che gli Atreyu ’15 potevano confezionare, in termini di varietà, dinamismo ed ispirazione, spazzando via in un sol colpo tutte le maldicenze di mera manovra commerciale per fare cassa. L’esperienza di questa band si sente tutta, soprattutto dalla naturalezza con i quali i ragazzi riescono a scrivere canzoni. Questo è il loro campo di battaglia, ed il loro lavoro hanno imparato a farlo come si deve. I fan di lunga data della band lo consumeranno, tutti gli altri potrebbero avere adesso l’occasione di scoprire una delle band, con ogni probabilità, più influenti del decennio passato. Lunga vita a voi, ragazzi!