7.0
- Band: ATROCITY
- Durata: 00:17:05
- Disponibile dal: 08/12/2017
- Etichetta:
- Massacre Records
- Distributore: Audioglobe
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Procede a singhiozzo la carriera di questi veterani della scena europea, soprattutto da quando Alex Krull e compagni hanno deciso di dare la priorità ai Leaves’ Eyes, band che, almeno negli anni Duemila, ha portato loro molte più soddisfazioni di quanto abbia fatto il vecchio moniker Atrocity. Tuttavia, il primo amore non si scorda mai e, con un nuovo contratto per la connazionale Massacre Records, ecco tornare i tedeschi nella loro versione più heavy, con un EP che arriva a ben quattro anni di distanza dal precedente “Okkult”. Dopo avere sperimentato a metà carriera con toni gothic e improbabili esperimenti pop, gli Atrocity da qualche tempo sono tornati al (death) metal, sfornando un paio di album che hanno messo nuovamente in primo piano i riff dello storico chitarrista Thorsten Bauer e un lavoro di batteria decisamente potente. “Masters of Darkness” porta avanti il medesimo discorso, sposando ritmiche robuste e una vena chitarristica di stampo death-thrash con qualche ornamento orchestrale, in verità non sempre del tutto funzionale. D’altronde, gli Atrocity in carriera hanno sovente peccato di pacchianeria e anche in certi spunti di questi nuovi episodi si avverte talvolta una magniloquenza un po’ forzata, come se il quartetto volesse rincorrere gente come i Septicflesh senza però poter vantare lo stesso livello di eleganza dei noti musicisti greci. In ogni caso, il lavoro nel suo complesso non dispiace affatto: magari non ci ricorderemo a lungo di tutti questi quattro brani, ma le personalità coinvolte sono così forti che il risultato d’insieme non è mai scadente. Il tocco di Bauer e le intonazioni guerrafondaie del rinfrancato Krull sono così unici e identificabili che anche qualche midtempo un po’ di maniera riesce a risultare coinvolgente. Ciò accade anche grazie ad una produzione organica ed equilibrata, capace di dare consistenza anche alle progressioni più semplici; soluzioni che, se gestite da mani meno esperte, non avremmo magari esitato a definire riempitivi. Sarebbe dunque interessante poter assaggiare questa nuova vena degli Atrocity su un lavoro più lungo e consistente: soprattutto “Menschenschlachthaus” – particolarmente severa anche grazie alle linee vocali in lingua madre – potrebbe fungere da buona base da cui partire per il confezionamento di un nuovo full-length.