8.5
- Band: ATROCITY
- Durata: 00:47:22
- Disponibile dal: 22/09/1992
- Etichetta:
- Roadrunner Records
Spotify:
Apple Music:
Appartiene al campo dell’inesplicabile ciò che può avere spinto un gruppo come gli Atrocity, autentica icona del più obliquo death metal nei primi anni Novanta, a intraprendere quei cambi di rotta che nella parte centrale della loro carriera li hanno portati a cimentarsi con il gothic metal e il puro pop, con risultati perlomeno discutibili. Certo, con il tempo le persone e gli interessi cambiano, ma il percorso della formazione tedesca, anche a orecchie imparziali, resta uno dei massimi esempi di instabilità e stravaganza nella storia del nostro panorama musicale.
In ogni caso, nel 1992 gli Atrocity sono ancora una death metal band… e che band! Dopo il ben accolto debut “Hallucinations”, uscito un paio di anni prima, i ragazzi di Ludwigsburg intendono evidentemente sfruttare ulteriormente il loro vistoso bagaglio musicale: è il periodo dei primi exploit di Death o Atheist sul versante del death metal in chiave tecnica e progressiva e ad Alex Krull e compagni di certo non mancano le competenze in quel senso. Ciò viene notato anche dalla potente Roadrunner Records, la quale, fiutato il momento favorevole per il genere, mette sotto contratto il quintetto e lo aiuta a produrre “Todessehnsucht”, il suo secondo full-length. Nel biennio trascorso dalla pubblicazione dell’esordio, la band ha fatto ulteriori passi in avanti in termini di coesione e livello tecnico e, non a caso, questa nuova opera è il tipo di album che indossa il virtuosismo e la singolarità come distintivo sul petto. La sensazione è quella di un viaggio tortuoso che potrebbe in ogni momento regalare un colpo di scena, risultato di una chimica costruita su un vocabolario di death metal, prog e vaghe velleità orchestrali (le quali verranno esplorate con maggiore insistenza alcuni anni più tardi) che conferiscono al tutto un mood cupo e autunnale. La tracklist ci presenta un suono all’apparenza intricato e avanguardistico che raccoglie appunto diverse suggestioni, giustapposte con sapienza ed equilibrio dalla band. Dietro a una esteriore ostentazione di tecnica che esalta in particolare modo ogni nota e tocco dei chitarristi, troviamo infatti una forte vena narrativa attraverso la quale gli Atrocity sembrano ancora cercare l’ostilità e gli aspetti più puri del death metal, facendo dialogare le loro varie anime con mirabile armonia. Le strutture spesso labirintiche e l’atmosfera decadente del lavoro si stemperano a volte in un’insospettabile e toccante emotività che non cade mai nel patetico; l’eleganza marziale, spesso dipinta con riff e soluzioni che possono ricordare i succitati Death (in questo momento ancora freschi del successo di “Human”) e il filone statunitense più audace, si scioglie a tratti in un più colorato fascino epico che rende i brani più lunghi – “Sky Turned Red”, “A Prison Called Earth” – delle vere e proprie piccole suite. In questo dinamico equilibrio, si perde comunque il conto dei riff e dei cambi di tempo che lasciano genuinamente sorpresi per brio e inventiva: a dispetto della sua aria uggiosa, “Todessehnsucht” risulta difatti un coacervo di techno-death tagliente che non risparmia mai decisi strappi in doppia cassa, blastbeat e parentesi interlocutorie nelle quali il riffing si snoda su registri più lugubri, venendo saltuariamente accompagnato da tastiere.
A conti fatti, la tracklist si dimostra talmente ricca da riuscire a regalare emozioni tanto nel corso di un ascolto attento, in cui andare consapevolmente alla scoperta delle sue innumerevoli sfumature, quanto paradossalmente nel corso di una fruizione più distratta, mentre si è magari intenti a fare altro: in questo caso appaiono forse ancora più evidenti l’impatto e il singolare carattere di “Todessehnsucht”, disco che già dalla sua ricercata copertina prova a porsi su un livello diverso rispetto a certi standard dell’epoca.
Quello che abbiamo fra le mani è in definitiva un album assolutamente magico e memorabile da parte di un gruppo che in carriera ha paradossalmente fatto di tutto e di più per occultare e fare dimenticare certi fasti. Per molti gli Atrocity sono – anche giustamente – quelli delle strampalate cover di Duran Duran o Tears For Fears, oppure il gruppo spesso in bilico tra metal estremo e tentazioni gothic, industrial o sinfoniche un po’ kitsch, tuttavia, una volta, ormai trent’anni fa, questa stessa band era ai vertici del panorama death metal europeo e in tale campo poteva vantare un estro pari a pochi altri. “Todessehnsucht” ancora oggi si conferma un album inusuale e sopraffino, tra quelli destinati ad essere ripescati più volte negli anni dalla collezione di una vita.