8.5
- Band: ATTO IV
- Durata: 00:23:51
- Disponibile dal: /12/2003
Esordio col botto da parte del quartetto di Varese, guidato dal chitarrista/cantante Valerio Rizzotti, che ci propone quattro tracce di rock/metal progressivo dal sound fresco e moderno. Ennesimo clone senz’anima dei Dream Theater? Grazie a Dio no! I ragazzi optano per il cantato in lingua italiana, tanto in voga nei primi anni ’70, svanito progressivamente assieme al genere stesso a causa dei fenomeni musicali punk e disco music e in seguito a causa dell’esplosione di act internazionali in ambito progressive come Marillion negli anni ’80 e Dream Theater nei ’90, spingendo la maggior parte delle nuove leve italiane ad adottare la lingua inglese nelle parti cantate, facendo perdere il tocco mediterraneo (e unico!) che ci distingueva dalle altre scuole (vi immaginate “Impressioni Di Settembre” cantata in inglese?). L’attacco al fulmicotone di “Amnesia” ci mostra l’indiscutibile tecnica del combo, ma soprattutto essa non maschera la mancanza di idee, ma viene utilizzata come mezzo principe per renderle maggiormente appetibili ai palati più esigenti. Le parti vocali sono altamente espressive, dato che non vengono utilizzati toni altissimi o eccessivi virtuosismi, ed hanno lo scopo di donare un senso di completezza alla composizione. Un fraseggio di pianoforte introduce “Allucinazioni Temporali”, track graziata da un orecchiabile quanto valido gioco di tom e rullante del drummer Christian Marino, seguito dalla delicata voce di Valerio che dona una vaga impronta pop (quello degli anni ’70 intendo!), per confluire in un finale made in Theater. Ingannevolmente canonica “La Sindrome” che, dopo un inizio leggermente prevedibile, spiazza piacevolmente col dialogo tra parti di voce filtrata ed effetti di tastiera, spezzata da un’accelerazione metal che dona quel poco di grinta in più alla canzone. “L’Incubo” è un meltin’ pot di colori, che parte da un’introduzione “liquida”, spezzata da un riff serrato di chitarra, per poi placarsi in piacevoli atmosfere che riecheggiano i Pink Floyd dell’era di “Dark Side Of The Moon”, accompagnate dal cantato pulito e malinconico che si spegne in un assolo espressivo, per poi terminare su toni più duri. Complimenti vivissimi ai ragazzi per questo lavoro, con la speranza che non si affievoliscano come una meteora, ma che sfornino al più presto un nuovo lavoro magari sotto contratto discografico. Lo meritano, davvero!