8.0
- Band: AUGUST BURNS RED
- Durata: 00:53:20
- Disponibile dal: 24/03/2023
- Etichetta:
- Sharptone Records
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Con dieci album (contando anche il disco natalizio) e vent’anni di carriera alle spalle gli August Burns Red possono essere ormai considerati dei veterani del metalcore del terzo millennio, di cui tuttavia rappresentano una delle rappresentazioni più peculiari. L’utilizzo assai limitato di clean vocals e ritornelli li differenzia dai nomi di punta del genere – citiamo i quasi coetanei As I Lay Dying come riferimento, per tacere dei nomi di punta attuali come Parkway Drive e Architects -, così come la tecnica strumentale è sì assoluta protagonista ma in modo più tradizionalmente ‘hardcore’ rispetto ai vari Periphery, Between The Buried And Me o Allegaeon.
“Death Below”, prima uscita per la Sharptone Records, non fa eccezione, e anzi richiede un ascolto più attento del solito per essere compreso appieno: in un’epoca dominata da playlist e algoritmi il quintetto della Pennsylvania confeziona infatti un album dove praticamente ogni traccia è legata alla precedente da un filo invisibile che rende la riproduzione casuale molto meno fluida, oltre a spingersi per la prima volta alla soglia degli otto minuti sia in testa (“The Cleansing”) che in coda (“Reckoning”) al disco. Definirlo il lavoro più corale o più maturo sarebbe in qualche modo semplicistico, per quanto per la prima volta siano accreditati tutti e cinque i membri tra i songrwiter, ma indubbiamente il traguardo della doppia cifra discografica mantiene l’aggressività hardcore di “Messengers” e “Constellantions” (si sentano in proposito i blast beat della già citata “The Cleansing”) e l’epica melodica dell’ultimo “Guardians”, con il consueto mix di tempi arzigogolati, arpeggi ultra-melodici e riff da ernia al disco. Come ciliegina sulla torta non potevano mancare gli ospiti speciali: se Jesse Leach dei Killswitch Engage dona quel pizzico di appeal commerciale in più all’anthemica “Ancestry”, similmente Jason Richardson (chitarrista degli All Shall Perish e guitar hero millenial) complementa la sei corde di JB Brubaker su “Tightrope” con un solo a là Van Halen del metalcore, mentre JT Cavey degli Erra presta la sua cavernosa timbrica nella più cadenzata “The Abyss”; menzione a parte per Spencer Chamberlain degli Underoath, co-autore della conclusiva “Reckoning” che con i suoi saliscendi emotivi si pone di diritto come una delle migliori del lotto.
Pur senza inventare nulla, sia in termini assoluti che relativi, gli August Burns Red riescono ancora una volta a reinventarsi con “Death Below”, perfetto esempio di melo-prog-core fedele alla tradizione d’inizio secolo ma al tempo stesso attuale pur senza inseguire le mode del momento.