5.0
- Band: AURA
- Durata: 01:07:43
- Disponibile dal: 04/11/2008
- Etichetta:
- My Kingdom Music
- Distributore: Masterpiece
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Giungono al debutto discografico i salernitani Aura, act dedito anima e corpo ad un progressive metal completamente debitore ai maestri del genere, i tanto amati/odiati Dream Theater. La band nostrana, dopo essersi adoperata nella produzione di quattro demo e approdata ora presso la My Kingdom Music, mostra nel corso dei sette brani che vanno a comporre “A Different View From The Same Side” tutti i propri pregi ed innumerevoli difetti. Stiamo parlando di musicisti sicuramente preparati, che tuttavia ancora oggi, dopo tanto lavoro (la band é nata nel 1996), si ritrovano invischiati nella solita mania di emulare i grandi del genere, pur non possedendone la stoffa. Ci troviamo quindi a dover subire i dieci interminabili minuti dell’opener “At Opened Eyes”, constatando quanto ad una ricerca melodica discreta non si accompagni altrettanta inventiva dal punto di vista strumentale. Paura di osare oppure ottusità congenita? Questo non ci è dato di saperlo, sta di fatto che al quinto minuto dei soliti tempi spezzati, sempre privi del benchè minimo mordente, tanta è la voglia di saltare al pezzo successivo, “A New Life”; il quale mostra qualche piccola qualità in più, individuabile principalmente nel momento strumentale swing/jazz, finalmente a distanza di sicurezza dai soliti Dream Theater. La successiva “The Lord Of Time” soffre a causa dell’insicura prestazione vocale del batterista/cantante Giovanni Trotta, analogamente a quanto accade nella successiva “I Will Be There For You”. Non poteva mancare la suite (se no che disco prog è?) ed ecco che la title-track, composta di due ‘movimenti’, si lascia apprezzare per le sue insperate influenze anni ’70 e per la gradevole capacità di mantenere ad un certo livello la soglia di attenzione, permettendoci di gustare in modo particolare l’ottimo lavoro del bassista Angelo. Segue una insopportabile “Pray”, arrotolata su se stessa e sulle solite ritmiche rallentate e corredata da un testo pacchiano all’inverosimile. Lievemente meglio la ballad “Feelings” posta in chiusura, dove Giovanni duetta con una ottima voce femminile, lasciando trasparire notevoli doti interpretative. Niente che tuttavia possa salvare un lavoro nel complesso troppo derivativo e soprattutto privo di considerevoli qualità. Un album potenzialmente privo di mercato, purtroppo.