5.5
- Band: AURA
- Durata: 00:53:00
- Disponibile dal: 15/04/2011
- Etichetta:
- Spider Rock Promotion
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Quindici anni di attività, quattro demo alle spalle, un disco d’esordio evitabile non sono stati sufficienti per gli Aura a ritagliarsi uno spazio rilevante almeno all’interno della scena progressive italiana. Purtroppo neanche con il nuovo “Deliverance”, seppur migliore del debut, le cose sembrano destinate a cambiare: la band ce la mette sicuramente tutta per cercare di proporre una piatto gustoso a partire dall’impegnativo ed interessante concept proposto, incentrato su un viaggio onirico intrapreso da un uomo nelle terre di Palestina, e proseguito in fase di composizione andando a rivisitare quarant’anni di musica progressive. Infatti il prog metal/rock della band, fortemente focalizzato sulle tastiere di Francesco Di Verniere, tira in ballo alcuni tra i grossi nomi della scena a partire dagli albori del genere stesso: chiunque sarà capace di individuare la presenza di band come EL&P, Yes o Genesis all’interno di queste dieci tracce, così come chiunque saprà trovare similitudini col neo-progressive dei Marillion, col prog-metal anni Novanta dei soliti Dream Theater e con soluzioni più moderne già sperimentate da altri gruppi nel nuovo milennio. Le intenzioni quindi ci sono, così come le doti tecnico-esecutive che agli Aura non mancano di certo, ma ciò che latita è la continuità all’interno di un disco che vive di fasi alterne. Se infatti i primi cinque pezzi si fanno ascoltare con una certa punta di interesse, la seconda metà del lavoro mette in luce tutti i limiti del gruppo, individuabili principalmente nell’inadeguata voce del batterista Giovanni Trotta, a suo agio con la dolcezza della musica e con i tratti eterei del concept proposto, ma troppo monocorde e del tutto privo di mordente quando ci sarebbe bisogno di un’interpretazione più grintosa, risultando quindi poco incline a mutare tonalità e registro nel corso di “Deliverance”. Ma la performance del buon Trotta non è l’unico male di cui soffrono gli Aura. Anche il resto della band, pur potendo contare su qualche buono spunto, alla lunga non riesce a reggere il confronto con la concorrenza, arenandosi su soluzioni già proposte da altri con molta meno convinzione e qualità compositiva. In questo modo riuscire ad ascoltare il disco più di una volta nella sua interezza, è davvero impresa ardua.