6.0
- Band: AUREA SECTIO
- Durata: 01:18:47
- Disponibile dal: 02/25/2016
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Un progetto sontuoso quello dei toscani Aurea Sectio, progetto con radici nel relativamente lontano 2007 ma riportato ora in attività dalla ferrea volontà del vocalist Leonardo Taiuti e dallo storico bassista Marco Quaranta. Partendo dal materiale composto oramai quasi dieci anni fa proprio dal già citato bassista Quaranta, i nove(!!) membri attuali del progetto riescono infine a trovare una difficile quadra, forgiando in suoni a volte metallici, a volte classici, a volte folkloristici o sinfonici questo monolite musicale di quasi ottanta minuti, tanto curato e ben fatto nella forma quanto purtroppo ostico e carente sul lato della fruibilità. La forma scelta per presentarci questo lavoro è quella, sempre più sfruttata, della cosidetta ‘rock opera’, un racconto unico, in questo caso di marcato stampo fantasy, diviso in quattordici movimenti narranti la trama in maniera cronologica: risultano chiari a questo punto i richiami ai ben noti progetti Avantasia e Ayreon, anche se musicalmente gli Aurea Sectio si allontanano da entrambi grazie alle loro interessanti e ben curate influenze folkloristiche e progressive. Il materiale presentato è, complice anche l’azione benefica del tempo che ha permesso l’affinamento di ogni canzone, su livelli altissimi: si parla di un metal sinfonico dai fortissimi risvolti popolari e folk, una sorta di incontro tra i Rhapsody più atmosferici e meno cinematici e i Folkstone meno metallari e rumorosi, con l’aggiunta di diverse voci femminili e moltissimi cori. Una formula sicuramente difficile da comporre, ma secondo noi non del tutto adatta a un lavoro così lungo e importante. Purtroppo, come infatti si intuiva dalla frase finale dell’introduzione, il punto dove casca il proverbiale asino è proprio questo: “The Sword Of Fire And Ice” è un album troppo lungo per la musica che propone. E’ un album dalle caratteristiche dicotomiche, che si mostra da una parte perfetto e a tratti addirittura sbalordente per quanto riguarda ciò che è cura del prodotto, la presentazione dello stesso o la sua composizione, ma dall’altro è veramente troppo lungo, prolisso e a tratti anche noioso, per colpa appunto di un songwriting eccessivamente ricco e di una voglia malcelata dei compositori di inserire tutto quanto di loro competenza all’interno di una proposta che, piuttosto, avrebbe beneficiato di una cura snellente. Capiamoci, niente di quanto ‘infilato’ nel calderone di questi ottanta minuti è raffazzonato o buttato lì a caso, semplicemente, alle volte, quello che c’è sembra essere di troppo. Troppe voci, troppe parti affidate a violino, cori, arrangiamenti e flauti, troppi cambi di atmosfera tra una canzone e l’altra… troppi minuti, in definitiva. Permettendoci un breve giudizio assolutamente personale, chi ascolta ha avuto alle volte serie difficoltà a seguire tutto l’album o a finirlo senza prendersi una pausa, cosa che, chiaramente, ha inficiato non di poco l’ascolto e il voto finale. Certo, “The Sword Of Fire And Ice” non mancherà di piacere agli amanti delle sonorità più leggere a cavallo tra power e sinfonico e in molti lo troveranno quasi geniale, basandosi appunti sui frequenti spunti baciati da una musa particolarmente benigna. Dal canto nostro, il trovare difficoltà a finire un album e la difficoltà nell’inquadrare all’intero di una proposta troppo piena di elementi i singoli brani è un difetto non da poco, che decidiamo di ‘punire’ con il voto in meno che vedete in calce. Se solo il disco fosse stato più fruibile, un bel 7.5 non glie l’avrebbe levato nessuno…