6.0
- Band: AURORA
- Durata: 00:47:12
- Disponibile dal: 17/04/2003
- Etichetta:
- Lucretia Records
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La prima impressione lasciata da questo disco su chi scrive è stata piuttosto negativa. “Dead Electric Nightmares” dei danesi Aurora è parso noioso, ripetitivo e senza mordente: un susseguirsi di song ben suonate ma, tutto sommato, trascurabili. Poi, ascoltando e riascoltando, bisogna in parte ricredersi! Oddio, nulla di trascendentale, sia chiaro, niente che faccia gridare al capolavoro… questo album naviga tranquillamente nella marea di produzioni apparentemente senza difetti da cui siamo inondati ai giorni d’oggi. Non sono assolutamente dei pivelli, i membri degli Aurora: giunto al quarto studio-album, il quintetto sta cercando di portare il metallo danese a livelli almeno decenti, visto l’anonimato in cui da sempre indugia la musica pesante proveniente da tale nazione (esclusi King Diamond e i suoi Mercyful Fate, Lars Ulrich e un altro paio di gruppi). La loro proposta affonda le radici in un gothic metal abbondante di melodia, veloce e raramente depresso. Influssi provenienti dalle scene limitrofe (Svezia, principalmente) sono ben riscontrabili, a cavallo tra il death complesso e articolato (Gardenian) e suoni più cupi, avvolgenti e psichedelici (primi Katatonia). “Dead Electric Nightmares”, pur avendo di base un feeling oscuro e riflessivo (soprattutto a livello lirico), mostra anche una certa attitudine rockeggiante che anima la band; il disco, come già accennato, non deprime, anzi, rispetto a qualche produzione simile è da ritenersi quasi “solare”. La scelta di una produzione satura e fluida sembra azzeccata, mentre qualche dubbio ha instillato la prestazione alla voce di Claus Frolund: a parte la scarsa pronuncia della lingua inglese (a certi livelli sarebbe meglio fare più attenzione a questo aspetto), il cantato stile black/death, con la presenza comunque di interventi alle clean vocals, risulta a volte forzato e poco brillante e, sinceramente, non convince. La prima parte del cd scorre via bene con cinque pezzi robusti, fra i quali l’opener “Black Heavy Cat” e “New God Rising” sono certamente i più incisivi. Poi giunge “Watching, Falling, Breathing” e si crolla di colpo in una noia mortale: lento e ossianico, questo pezzo è qualcosa di veramente insopportabile, nonostante la conclusione più vivace. “Jack”, invece, è praticamente una rock’n’roll song con suoni metal, molto vicina ai Sentenced di “Down”, ed è la track che convince maggiormente. In chiusura è posta la triste ballad “Chains Of God”, degno termine del disco. Gli Aurora sono inseriti nel bill dell’A Day At The Border festival, sicuramente un’ottima occasione per dimostrare il loro valore live, dato che i brani qui presenti sembrano essere particolarmente adatti alla riproposizione su palco. Ripeto, il giudizio su “Dead Electric Nightmares” è andato migliorando, ma non è da trascurare troppo la prima impressione che, come si suol dire, è quella che conta… di dischi così se ne sentono parecchi; non ha grosse lacune e tuttavia, allo stesso tempo, non lo trovo entusiasmante. Non oltre la sufficienza.