6.5
- Band: AUSTRALASIA
- Durata: 00:36:03
- Disponibile dal: 30/09/2013
- Etichetta:
- Immortal Frost Productions
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Il secondo lavoro dei nostrani Australasia esce ad un anno di distanza dal precedente “Sin4tr4”, mostrandoci una band attenta alle melodie evocative, ai passaggi sonori che fanno dell’oniricità e del minimalismo i propri pilastri portanti. Il secondo viaggio alla ricerca dell’accompagnamento musicale ideale per il polistrumentista-sognatore Gian Spalluto coincide anche con un distacco piuttosto netto con quelli che erano i rimandi al black metal del suo predecessore, dando modo alle composizioni di potersi muovere con più elasticità tra l’eterea base post-rock e l’elettronica vintage intrisa in ogni passaggio, anche in quello più spento e banale. “Vertebra” è arrangiato ed eseguito in maniera quasi maniacale, nulla è lasciato al caso: nonostante una produzione non eccelsa, la volontà del suo creatore di monopolizzare ogni singola nota e di scardinarne le più minime emozioni è evidente, funzionale nello spianare la strada ad un ascolto ricco di dettagli, di suoni e sensazioni collocati saggiamente per valorizzare ogni momento durante l’arco dei trentasei minuti. Il post-rock dei Nostri è freddo e trasognante, introspettivo nel fondere i classici paesaggi del genere con una malinconia che non rinuncia mai a farsi sentire, lasciando poi spazio nei suoi momenti più turbolenti a quegli attacchi di doppia cassa (non chiamiamoli black metal) che possono rimandare agli Alcest nelle loro fasi rabbiose. Sono invece scontati gli accostamenti a Mogwai e Red Sparowes per quanto riguarda le riflessioni dilatate e i pacati intermezzi atmosferici che ci accompagnano da “Aorta” fino alla conclusiva “Cinema”, intermezzi raggiunti sporadicamente dalla voce femminile di Mina Carlucci e, per verità, spesso un po’ freddini nei confronti di un ascoltatore che potrebbe inoltre trovarsi piuttosto disorientato, data la neanche troppo camuffata somiglianza di un brano all’altro, somiglianza dovuta ad un uso massiccio di arpeggi, al taglio cullante delle tastiere, a strutture che, partendo sopra tempistiche soffuse o appena sussurrate, vanno via via ad evolversi verso le classiche esplosioni finali, o viceversa, come nel caso di “Volume”. Un lavoro che funziona quando cerca di essere morbido e sofisticato, funzionale nel porsi al servizio dello sviluppo non proprio scontato di colonne sonore ideali per paesaggi da sogno, quasi sempre invernali o al limite autunnali, sentitissimi da un lavoro di songwriting con le carte in regola del certosino mastermind. Una band, gli Australasia, che sembra avere poco da spartire con la musica metal e i suoi molteplici rimandi e per questo li preferiamo nelle loro vesti più intimiste.