AUTHOR & PUNISHER – Krüller

Pubblicato il 01/03/2022 da
voto
8.0
  • Band: AUTHOR & PUNISHER
  • Durata: 00:51:30
  • Disponibile dal: 11/02/2022
  • Etichetta:
  • Relapse Records

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E fu così che arrivò la svolta melodica anche per il principe robotico dell’industrial, Author & Punisher, all’anagrafe Tristan Shone. Già con “Beastland” si era capito che, in contemporanea al passaggio su Relapse, la proposta del geniale ingegnere californiano andava ad arrotondare la asperità più contundenti del proprio suono, a favore di un’esperienza di ascolto meno problematica, frammentaria e ostile. Un percorso ragionevole, considerato che già prima, accanto a momenti di tremenda ostilità, non era raro incontrare lunghi drone, melodie sottili, dormiveglia sibillini, dalle atmosfere contradditorie. Con il già citato “Beastland” si era capito che da panorami più tipicamente industrial Tristan preferiva orientarsi al mondo metal tout-court, un ambiente che l’ha accolto a braccia aperte, al cui interno il Nostro sembra stare assai a suo agio. Una delle (relative) critiche mosse in passato verso Author & Punisher, era di trascurare in parte un songwriting coeso e incisivo, ad appannaggio della ricerca sonora, del meticoloso lavoro su strumenti di sua creazione e il disegno di un panorama sonoro unico. Con “Krüller” sono invece proprio le canzoni propriamente dette, ben definite, orecchiabili persino (tenete a mente il contesto, non siamo certo in territori pop), a stagliarsi come elemento distintivo, rendendo il nuovo album qualcosa dal potenziale commerciale elevato, in ragione della parziale facilità d’approccio odierna.
Una dimensione che non deve far pensare a un brusco ridimensionamento della più genuina componente industrial, piuttosto a una sua declinazione che non comporti per forza un incedere dirompente, tremende lacerazioni, una pressione sconsiderata sui padiglioni auricolari. Vi è uno scoglio da oltrepassare, per godere appieno dell’album e delle sue molteplici ramificazioni: la lentezza. “Krüller” si offre con la spietata calma di certi film dai ritmi sonnacchiosi, che sbeffeggiano l’idea di azione e ti avvolgono impercettibilmente, apparendo inizialmente un poco insignificanti. Trattandosi di un’opera stratificata, dove solo l’unione dei piccoli dettagli ne restituisce la piena autorevolezza, vale anche la pena dar sfogo ai volumi del proprio impianto audio e concedersi beatamente alla marea elettrica di Shone. Passato un primo rodaggio, giusto per acclimatarsi al ritmo da soundtrack straniante dell’album, ecco uscirne l’inestimabile valore.
Oltre a concedere respiro melodico, Tristan ha capito che poteva sciogliere quei tremendi grumi di suono che costituivano l’architrave di Author & Punisher, a favore di arrangiamenti camaleontici, ancora più propensi a illanguidirsi nella darkwave o in una specie di personale mix di doom, industrial e post-metal. Si aprono davanti a noi spazi sconfinati, dove far vagare l’immaginazione in un mondo coloratissimo e dai panorami che non conoscono limiti, guidati da esplosioni controllate, drone mutevoli e un’interpretazione vocale in pulito trasognata (“Drone Carrying Dread”, la titletrack).
Anche quando la musica prende una piega più cupa, si ispessisce in un magma ribollente, un doom tecnologicamente avanzato e lanciato in un futuro lontano, il respiro melodico non evapora, contrasta piacevolmente a un insieme ultra-heavy e colossale (“Incinerator”). Tristan ha maturato pure una spiccata sensibilità per il groove magnetico, il creare incubi fascinosi, dove perdersi, terrorizzarsi ma rimanerne in fondo soggiogati, ammaliati da armonie di fondo, rumori, beat perversamente tentatori (le striature orrorifiche della spettrale “Centurion”). Maestro dell’ambient, tiranno del drone, creatore e conduttore di macchinari rinnovati ad ogni disco, Tristan pare aver trovato la piena quadratura del cerchio: l’espandersi e il ritrarsi del rumore, la scansione dei ritmi e tutti quei piccoli abbellimenti laterali che propone non sanno più di impulsività, rispondono a una costruzione attenta e illuminata. Una “Maiden Star” ha un potere rilassante, tanto è esplicita e non disturbata la linea melodica principale, con la potenza dei macchinari che ne connota la derivazione industrial metal ma non ne scalfisce la beatitudine.
Le parti di chitarra scritte da Phil Sgrosso degli As I Lay Dying (anche manager di Shone), la presenza di diversi ospiti di peso (Danny Carey e Justin Chancellor dei Tool) contribuisce a dare un senso di compiutezza a “Krüller”, a toglierlo in parte da ambienti prettamente underground e dargli una sostanza e un’apparenza più digeribili, senza che ciò tolga forza espressiva al progetto. I synth in questo caso sono un altro elemento importante, addolciscono il suono e ne espandono il potere immaginifico; quel mondo cruento, brutalmente asettico pennellato a colpi d’acciaio con gli album precedenti cede spazio a soundscape emotivamente intensi, molto più umani di quanto avevamo apprezzato da Tristan in passato. Nel frattempo, Shone è diventato un artista di una certa celebrità, espandendo la propria visionarietà anche a latere di Author & Punisher, con progetti che assecondano la sua ingegnosità tecnica. Quel che più conta, almeno per noi, è che abbia saputo infondere ulteriore slancio al suo industrial, consegnandoci un album così rimarchevole. E non osiamo pensare a come renderanno questi nuovi brani dal vivo…

 

TRACKLIST

  1. Drone Carrying Dread
  2. Incinerator
  3. Centurion
  4. Maiden Star
  5. Misery
  6. Glorybox (Portishead cover)
  7. Blacksmith
  8. Krüller
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