7.0
- Band: AUTHOR & PUNISHER
- Durata: 00:41:07
- Disponibile dal: 11/06/2013
- Etichetta:
- Seventh Rule Recordings
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Del prodigio Tristan Shone e della sua creatura industrial-doom Author & Punisher vi abbiamo già parlato abbondantemente nella precedente recensione dell’ultimo lavoro di Shone, “Ursus Americanus”: inutile dunque stare qui a ridescrivere ancora una volta la natura e l’origine assolutamente strabiliante di questo progetto (di cui oltretutto si è anche occupata la stampa di settore di mezzo mondo) riuscito nel miracolo di fondere metal, industrial, informatica ed ingegneria meccanica in un format stupendo. Per quel cappello introduttivo vi rimandiamo a quella recensione. Ciò che ci preme maggiormente esprimere in questa sede è l’assoluto valore della riconferma di Shone come visionario, artista e musicista di assoluto rilievo, e come questa riconferma si sia materializzata nel quarto full length dell’ingegnere meccanico di San diego, questo “Woman & Children” nuovo di zecca, in maniera ineccepibile. “Woman & Children” è un lavoro ancora una volta estremamente apocalittico e oscuro nei toni ma stavolta anche pervaso da una vena atmosferica e sperimentatrice – perfino melodica, ci viene da aggiungere – palpabilissima. Stavolta oltre al suo solito muro di beat colossali e scorticamenti industrial-sludge di ogni sorta, Shone ha aggiunto alla sua apocalisse cibernetica anche frammenti di dark-wave, post-punk ed electro-glitch, materializzando infine un lavoro molto contaminato e dal taglio altamente ambiguo e affascinante. Se le basi di partenza immancabili del lavoro sono ancora come sempre i Godflesh, gli Skinny Puppy, gli Einsturzende Neubauten e i Blut Aus Nord, stavolta nell’architettura sonora pensata da Shone serpeggiano anche antichi echi post-punk e avantgarde che provengono direttamente da mondi passati e di confine, Throbbing Gristle e Coil in primis. Basta ascoltare per esempio la straniante “Far From Home”, dominata da strati di synth crepuscolari e voci distantissime, per rendersi conto dell’ambizione e del forte desiderio di spegnersi oltre il semplice doom e industrial metal che Shone ha messo nel lavoro. Altri momenti inaspettati nel lavoro sono la stortissima ballata cibernetica in chiusura, “Pain My Self”, che ricorda il Treznor tossico e tenebroso di “The Fragile”, e “Tame As a Lion” che richiama nei toni addirittura il teatralismo di Mortiis e altre stranezze gotic-metal simili. Insomma, Shone mostra di essere un musicista mosso esclusivamente dalla scoperta dei propri orizzonti artistici e dubitiamo fortemente che la sua carriera si fermerà qua, nei semplici e riconoscibili confini dell’industrial metal, e “Woman & Children” già mostra questa spinta “oltre” dello scienziato di San Diego. Due variabili però mitigano ancora l’entusiasmo attorno al progetto: il primo è che Shone è una bestia da palco e la sua musica va fruita nell’ambiente live in cui Shone è famoso per i suoi bracci di ferro interminabili con le macchine da lui stesso costruito – battaglie che poi generano i suoni che sentite, e senza quell’elemento visuale, fisico e macchinoso, la musica risulta a tratti troppo semplificata e svuotata di personalità; il secondo è che ancora una volta è percepibile nella personalità artistica di Shone l’immensa caparbietà del musicista come ingegnere e “inventore”, ma meno come vero songwriter, campo nel quale lo attendiamo al prossimo capitolo con – si spera – un sensibile miglioramento. Riflessioni a parte, Tristan Shone è già di fatto un protagonista assoluto dell’industrial metal, e “Woman & Children” ne è la rinconferma indiscutibile.