8.0
- Band: AUTOPSY
- Durata: 00:49:18
- Disponibile dal: 21/04/2014
- Etichetta:
- Peaceville
- Distributore: Audioglobe
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È trascorso un quarto di secolo dal folgorante esordio degli Autopsy, quel “Severed Survival” che sconvolse l’intero mondo underground. Era il 1989 e quelle atmosfere viscide e possenti riuscirono a far breccia nei cuori e nelle menti di una intera generazione di musicisti, che di lì a poco iniziarono a far tesoro degli insegnamenti di Chris Reifert e soci e diedero vita ad un vero e proprio panorama death metal. Oggi, a distanza appunto di venticinque anni, gli Autopsy ritornano con un altro album magnifico. I californiani hanno atteso appena undici mesi dall’uscita del precedente lavoro, il notevole “The Headless Ritual”, per proporci nuovi brani e, una volta tanto, bisogna ammettere che far trascorrere un lasso di tempo più lungo sarebbe stato probabilmente inutile. Per ora non ci è dato sapere come e quando il gruppo abbia composto questo materiale, ma resta il fatto che “Tourniquets, Hacksaws and Graves” è il miglior disco che il quartetto ci abbia offerto dalla reunion del 2009 ad oggi. Ed il “segreto” risiede nuovamente solo e soltanto nella grande ispirazione di cui gode oggigiorno la band. Gli Autopsy, insomma, non si sono inventati nulla di particolare: il suono è genuino, punta come sempre sull’analogico e sulla bassa fedeltà, mentre la ricetta, a livello stilistico, è chiaramente quella di un death metal ruvido e slabbratissimo che alterna assalti su velocità elevate e “midtemponi” energici impastati di riff e variazioni repentine di ascendenza punk. La mossa vincente è quella di mantenersi freschi e diretti, galleggiando su scelte stilistiche codificate, ma senza prendersi troppo sul serio: i brani – anche quelli dalle connotazioni più doom – non si dilungano troppo, godono quasi sempre di ottimi riff portanti e sono subito in grado di trasmettere tanto il disorientamento inquieto tipico della vecchia scuola Autopsy, quanto quell’energia e quella sfrontatezza più vicina al punk che abbiamo avuto modo di conoscere coi dischi degli Abscess. Questa etereogeneità pulsante mette in campo una serie incontenibile di progressioni ritmiche stra-coinvolgenti e melodie sghembe, che sottolineano ancora una volta testi sospesi tra puro gore e umorismo caustico. Dalle chitarre catchy di “Savagery” fino all’accattivante andatura di “Autopsy”, ogni variante rende fluido e ben armonizzato il lavoro, il quale finisce per segnalarsi come un encomiabile compromesso tra minimalismo e intuizioni melodiche, potenza death metal e anima sorniona. Una rielaborazione ispirata e creativa che rende omaggio nel migliore dei modi alle sonorità storiche di questa band.