8.0
- Band: AVANTASIA
- Durata: 01:10:30
- Disponibile dal: 15/02/2019
- Etichetta:
- Nuclear Blast
- Distributore: Warner Bros
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Il progetto Avantasia risulta decisamente essere uno tra i più ambiziosi e discussi dell’intera storia della nostra musica preferita: iniziato quasi come una sorta di esperimento, in grado di riunire all’interno di un solo prodotto svariati musicisti talentuosi e popolari, ognuno col proprio bagaglio e le proprie influenze stilistiche, e divenuto nel corso degli anni un vero e proprio moniker irresistibile per una moltitudine di ascoltatori più o meno giovani. Oggi, in maniera assolutamente rispettosa della cadenza triennale mantenuta sin dai tempi di “Angel Of Babylon” e “The Wicked Symphony”, esce sul mercato l’ottavo lavoro in studio ad opera del simpatico frontman Tobias Sammet e del suo geniale socio Sascha Paeth.
A partire dalla malinconica copertina, la prima caratteristica che salta all’occhio di questo nuovo “Moonglow” è una sorta di volontà di citare lo stile visivo tipico del regista Tim Burton, il che instaura sin da subito la sensazione di essere di fronte a un prodotto ancora una volta molto introspettivo e ricco di momenti dalla forte componente emotiva, anche se potenzialmente meno vincolato e più personale rispetto a quanto fatto in passato.
Neanche a dirlo, la iniziale e orecchiabile suite “Ghost In The Moon” ci introduce immediatamente ad alcune delle diverse sfumature che avremo modo di trovare all’interno dell’album, agendo nel contempo quasi come una sorta di citazione a quanto fatto dagli Avantasia negli anni precedenti; tutto questo prima di stravolgere completamente quelle che sembravano dover essere le carte in tavola, con un secondo brano aggressivo, furente e massiccio come “Book Of Shallows”, in cui dei magistrali Hansi Kursch, Jorn Lande e Ronnie Atkins dirigono la scena, prima di lasciare il posto a un inatteso Mille Petrozza, che mette il suo sigillo su cinque minuti esatti di pura goduria musicale. La successiva title-track riporta l’atmosfera su livelli più luminosi, con una Candice Night perfettamente inserita nel contesto e assolutamente azzeccata per duettare con Tobi in un ritornello dolce e quasi fanciullesco, che tuttavia sembra quasi fungere da preparazione per la seconda suite “The Raven Child”, la quale segue in parte le linee guida gettate a suo tempo in “The Scarecrow”, per poi prendere una deriva decisamente più oscura e, a tratti, quasi battagliera, magnificamente interpretata grazie al contributo del duo Kursch/Lande. Con “Starlight” la formula si semplifica leggermente, trattandosi di un brano power metal tutto sommato abbastanza semplice e diretto, in cui Ronnie Atkins accompagna Tobi prima di passare il testimone a Geoff Tate, che sarà vero protagonista per l’accoppiata successiva: la lenta “Invincible” funge da intro per l’aggressiva “Alchemy”, in cui uno stile tipicamente prog/heavy prende il sopravvento su tutto il resto, pur facendo sfoggio di alcuni elementi di matrice sinfonica, valorizzando ulteriormente il peculiare timbro dell’iconico ex vocalist dei Queensryche. Ancora power epico, veloce e sostenuto in “The Piper At The Gates Of Dawn”, in cui una moltitudine di voci vanno ad incrociarsi, con l’inevitabile risultato di penalizzarne qualcuna evidentemente meno potente e massiccia, come ad esempio quella di Bob Catley, che comunque in parte si riscatta nella più moderata “Lavender”. La conclusione con “Requiem For A Dream” invece è quanto di più esplosivo si potesse fare: sei minuti di tipico power metal spaccacollo e melodico di matrice teutonica, in cui subentra finalmente l’atteso Michael Kiske a farla da padrone, senza mai sovrastare comunque il buon Tobi, che in un modo o nell’altro rimane sempre la vera superstar di tutto il prodotto, in questo caso anche grazie a un breve bridge di basso tamarro ed esaltante.
Dopo la simpatica cover di “Maniac” di Michael Sembello, possiamo tirare le somme affermando che questo “Moonglow” è esattamente quello di cui gli Avantasia avevano bisogno per proseguire degnamente la propria striscia positiva: un album sfaccettato, vario e a tratti imprevedibile, che lascia perfettamente trasparire la volontà di Tobias Sammet di rompere in piccola parte gli schemi, riversando tutta la sua personalità in una tracklist che difficilmente scontenterà i suoi estimatori. Rabbia, gioia, tristezza e pazzia sono solo alcuni degli stati d’animo toccati dalle dieci (undici, contando la cover) tracce qui presenti; a prescindere dal vostro modo di emozionarvi durante un ascolto, riuscirete sicuramente ad immedesimarvi in uno dei vari personaggi descritti all’interno di ogni singolo estratto. Appuntamento ora a fine marzo per l’unica data italiana, per una serata che si prospetta già magica, esaltante e ricca di ospiti illustri.