7.0
- Band: AVATAR
- Durata: 00:43:18
- Disponibile dal: 12/01/2018
- Etichetta:
- Century Media Records
- Distributore: Sony
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A due anni dall’uscita del precedente “Feathers & Flesh”, una delle formazioni stilisticamente più particolari in circolazione torna sul mercato con questo settimo album dall’autoreferenziale titolo di “Avatar Country”, sul quale grava il duro compito di replicare il successo di critica e pubblico di cui ha goduto il sopracitato predecessore. La prima caratteristica principale che si può notare ascoltando il nuovo album della formazione svedese, oltre alla presenza in tutto l’album di questo re e della sua influenza, è l’apparente semplificazione della formula rispetto al contaminato e sfaccettato album uscito due anni prima, soprattutto per quanto riguarda l’intero comparto sonoro. Un elemento che non rappresenta necessariamente un fattore negativo, soprattutto se si tende a preferire lavori più diretti, ma potrebbe comunque far storcere un po’ il naso a chi aveva amato particolarmente certi arricchimenti precedentemente utilizzati. Mettendo da parte questa nuova direzione intrapresa, non si può certo dire che l’album non contenga delle sorprese anche dal punto di vista strutturale, oltre a quello musicale: ad esempio, un intro strumentale evocativo seguito dalla traccia di apertura “Legend of the King”, della durata di ben otto minuti, che rappresenta anche il brano più lungo dell’intero album, composto principalmente di tracce che non superano mai la durata di più o meno cinque minuti, tra le quali trovano spazio persino una sorta di discorso parlato, in cui il re sembra narrare una parte della storia della band, e un brano finale diviso in due parti e del tutto sprovvisto di parti cantate. Come dicevamo, quindi, è una struttura piuttosto particolare, quella di questo “Avatar Country”, un lavoro che, dal punto di vista musicale, riesce invece a unire in maniera più che adeguata elementi tipici del melodic death metal con altri di matrice hard rock e persino nu metal in alcune lievi sfumature, con un discreto utilizzo della tecnica chitarristica e di una componente ritmica ben sfruttata e in grado di rendere adrenalinica, seppur varia, gran parte della tracklist, insieme ovviamente alla versatile voce di Johannes Eckerstöm, quest’ultima effettivamente presente, per via delle audaci scelte strutturali analizzate in precedenza, in sole sei tracce. Degno di nota anche il brano dal lungo titolo di “The King Welcomes You to Avatar Country”, il cui sapore ricorda molto quello di alcune proposte di genere per l’appunto country, come anche il titolo di album e canzone suggerisce. Parliamo quindi di un lavoro piuttosto atipico seppur diretto, che per vari motivi non può piacere a tutti, ma che contiene al suo interno delle soluzioni piuttosto interessanti in grado di rendere l’ascolto meritevole di più di una chance da parte di diversi fruitori con gusti e opinioni differenti; basti pensare al fatto che chi vi scrive non è mai stato un particolare estimatore della band di Gothenburg, eppure il tempo passato nella cosiddetta “Avatar Country” è stato tutt’altro che spiacevole.