• Band: AVATAR
• Durata: 00:47:24
• Disponibile dal: 31/10/2025
• Etichetta:
• Black Waltz Records

Con una copertina palesemente ispirata all’opera “IT” di Stephen King, fa capolino sul mercato il nuovo album degli svedesi Avatar, oramai sempre più forti e popolari all’interno del nostro panorama, complice anche la loro essenza musicale trasversale e di difficile definizione, in grado di far drizzare le orecchie a una moltitudine di ascoltatori diversi, anche con gusti ed opinioni tendenzialmente differenti in partenza.
Approcciarsi a un loro album non è mai semplice, in quanto ogni brano va osservato come una realtà singola e vi sono davvero pochi stilemi a fungere da guida, trattandosi di una band che non si è mai attribuita un’etichetta specifica, nonché determinata a ricoprire il proprio ruolo senza scimmiottare nessuno e mantenendo ben salda la propria follia compositiva assoluta.

Anche in questo caso, la band rappresentata dal circense frontman Johannes Eckerstrom non manca di osare, rendendo ogni pezzo un qualcosa di particolare e a se stante, con testi impegnativi e da analizzare, nonché con un risultato generale ancora una volta stimolante e posto a metà tra le velleità più aggressive e quelle più orecchiabili, complice la volontà di fornire delle autentiche canzoni al pubblico, memorizzabili e cantabili anche dopo pochi ascolti. Questo indipendentemente dalla duplice vocalità, pulita e poco dopo distorta, o dai chitarroni massicci e dalle accordature ribassate.

Raccontare l’intera tracklist nei dettagli potrebbe rovinare il piacere di scoprirne personalmente il contenuto, ma vogliamo anticiparvi che l’album parte con un tono a metà tra il malinconico e il motivazionale con la iniziale “Tonight We Must Be Warriors”, invero piuttosto tranquilla sul fronte musicale, per poi esplodere con la furente “In The Airwaves” e adottando una parvenza di epicità con “Captain Goat”, i cui cori iniziali la avvicinano quasi a un pezzo degli Ensiferum, o comunque di una realtà con connotazioni power/folk.
Per chi li conosce meglio, non è un segreto che il sopracitato frontman e la band intera abbiano comunque un forte legame affettivo con il power metal e con il death metal melodico, e non a caso parliamo di influenze che in quest’album tornano in misura maggiore, rispetto anche solo al precedente “Dance Devil Dance”, anche se basta aspettare un po’ per venire spiazzati da estratti come la tamarra e ballabile “Death And Glitz”, da una autentica ballad come “Howling At The Waves” o da una “Abduction Song” nera come la pece e dalle forti connotazioni black/death, blast-beat inclusi.
La fase finale non osa di meno, tant’è che “Dead And Gone And Back Again” passa da un retrogusto swing ad una esplosione di doppia cassa, la quale si mantiene anche nella successiva “Take This Heart And Burn It”, il cui ritornello e gli inserti orchestrali mettono bene in luce la vicinanza degli Avatar a gente come gli Stratovarius, prima di concludere le danze con “Magic Lantern”, che ci ha inaspettatamente ricordato alcuni pezzi della carriera solista del compianto Ozzy Osbourne.

Insomma, ancora una volta parliamo di un disco dalle molteplici sfumature, che qualcuno vedrà ancora una volta come un mischione di elementi di varia natura, ma che al suo interno racchiude una spontaneità compositiva incredibile, dettata da un’autentica verve poliedrica, nonché da un quantitativo di idee rarissimo da trovare all’interno del panorama odierno. A nostro avviso, il lavoro cresce man mano che gli si dedica più sessioni di ascolto, a prescindere dalle sue trovate catchy, e rappresenta un passo in avanti rispetto al predecessore – che col passare del tempo è un po’ sceso a livello di efficacia – complice una maturità compositiva in grado di porlo sul livello dell’ottimo “Hunter Gatherer”, datato 2020. Inutile dire che, a questo punto, siamo davvero curiosi di vedere come verranno messe in scena le atmosfere qui presenti durante il prossimo tour degli Avatar.