8.0
- Band: AVATARIUM
- Durata: 43:41
- Disponibile dal: 22/11/2019
- Etichetta:
- Nuclear Blast
- Distributore: Warner Bros
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Ancora – purtroppo o per fortuna – lontano dai grandi riflettori e puntuali come un orologio svizzero, ecco tornare gli Avatarium, con un nuovo tassello a distanza di due anni dal precedente. Ancora una volta, come c’era da aspettarsi, la band si distacca dal tocco creatore del Candlemassiano Leif Edling (ormai accreditato solo in pochi pezzi) e procede propriamente sulle coordinate dei due mastermind, quel Marcus Jidell alle chitarre e alla produzione e la sua consorte Jennie-Ann Smith, questa ormai divenuta una delle più interessanti cantanti dell’heavy metal oggi in circolazione. In giro bazzicano l’organista Rickard Nilsson, Andreas ”Habo” Johansson alla batteria e Mats Rydström al basso. Tutti buoni musicisti che concorrono ad un impatto più organico, al servizio dell’effetto generale del progetto dei due capisaldi principali.
Già anticipato dai singoli in anteprima, come “Voices”, “Lay Me Down” e poi da “Rubicon”, il tutto prosegue sull’onda di “Hurricanes & Halos”, ma verso il meglio. E regala gli svedesi nella loro forma ormai canonizzata, autentica (e lontana ormai dalla fratellanza Candlemass) e sempre più perfezionata. Bene così, dunque.
Se i pezzi in anteprima avevano già fatto intuire la qualità – rimasta inalterata – del lavoro, effettivamente “The Fire I Long For” è esattamente manna per i seguaci della coppia Jidell-Smith. Quest’ultima, bisogna ammetterlo, ormai centro luminoso su cui ruota tutta l’atmosfera oscura e doomeggiante – ma anche sempre più rock’n’roll – che la musica degli Avatarium ha imparato a definire. Pezzi come “Lay Me Down” o la conclusiva “Stars They Move” afferrano con sicurezza le tonalità molto vicina a tutti quei fenomeni più cool del momento indie-folk (chi ha detto Sharon Van Etten?), mentre i passaggi più intensi e più old-school restano ancorati a quelle tonalità a cui la Smith ci ha abituati (avevamo citato Alison Mosshart a proposito del mitico “The Girl With The Raven Mask”).
Difficile trovare un vero climax nella sua performance, sempre calzante a pennello in ogni canzone. E la musica, naturalmente, le tiene testa in un circuito di rispettivo e circolare richiamo. Potrebbe essere altrimenti, dopo tutto? Forse sì, se non si fosse una band degna di un nome così in forma. Gli Avatarium sono maturati come dell’ottimo vino. Altrettanto naturalmente non c’è nulla di innovativo o particolarmente considerabile “di svolta” rispetto agli ottimi lavori precedenti, ma se volessimo azzardare un gradimento spassionato (ci staranno particolarmente simpatici, forse) potremmo anche dire che il quarto lavoro degli svedesi è forse il più personale della carriera e sicuramente supera per compattezza e canzoni il precedente. Troviamo sinceramente un po’ azzardato il termine “Dark Gospel” che viene affibbiato alla band e noi restiamo ancorati al tradizionale heavy metal, pur con le sue connotazioni doom e di retaggio seventies (“Porcelain Skull” sembra emblematica e ricorda un pochino i lavori dei compianti Bigelf, mentre “Shake The Demon” certi Ghost). Tra i migliori episodi menzione speciale per la doppietta “Great Beyond”/”The Fire I Long For”, dodici minuti circa di enfasi dal retaggio rock’n’roll, come se si trattasse della versione oscura dei Rival Sons. Ed è forse su questa piccola etichetta che ci piace chiudere e ricordare il nuovo bel lavoro di questa band, matura ed autentica.