8.0
- Band: AVATARIUM
- Durata: 50:20
- Disponibile dal: 23/10/2015
- Etichetta:
- Nuclear Blast
- Distributore: Warner Bros
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Giunti alla soglia del secondo lavoro, gli Avatarium del bassista-compositore svedese Leif Eidling riescono ancora una volta a colpire nel segno, dopo l’ispiratissimo album omonimo di due anni fa e dopo l’EP di mezzo “All I Want” del 2014. “The Girl With The Raven Mask” è infatti un album che riesce ad evolvere l’epic-doom ancora fissato sui vecchi fasti Candlemass e Cathedral e lasciarsi sfociare in quella melodia memore del rock’n’roll à la Rainbow più dolce e psichedelica che aveva già contraddistinto la raffinatezza del nuovo progetto di Eidling in “Avatarium”. “The January Sea” è probabilmente il brano dalla veste più intrigante e più significativa del nuovo capitolo Avatarium: capitanato dall’impronta sempre più personale di Jennie-Ann Smith, il lungo brano scivola sulle trame chitarristiche di scuola Ritchie Blackmore e sui riff lenti e minacciosi più doom, sempre supportato da un apparato compositivo che risulta magniloquente e cinematografico anche grazie ad un Hammond protagonista di tutto il brano, onirico e sinuoso, e parimenti incombente ed oscuro, che avvicina il tutto quasi ad una rock opera. La prova della Smith è sicuramente una di quelle che riescono a colpire per passione più che per tecnica, sporcandosi di blues ma senza mai perdere eleganza, come nella riuscitissima “Pearls And Coffins”, e ricordano piacevolmente un alternative di stampo moderno come quello dei The Kills (e ancora di più nei The Dead Weather con mister Jack White) di Alison Mosshart, risultando ampiamente intrigante, sensuale ed accattivante. Le chitarre di Jidell riescono a trascendere sia i territori elaborati degli Evergrey sia i canonici riff rallentati di scuola doom, per ripercorrere delle trame più psichedeliche e seventies che donano degli intricati colori, insieme alle ponderate melodie e tappeti sonori di Carl Westholm, a tutto il corso dell’album (in un altro grande risultato che è “Hypnotized”). Oscurità e tinte fosche prendono piede nel vero cuore strutturale del disco, rappresentato da quella “Ghostlight”, trascinante e retrò, dove le prove della sezione ritmica Eidling/Skold, reggono le esuberanze della Smith e di Jidell per poi aprirsi nel riffing più propriamente hard rock rainbowiano di “Run Killer Run”, dove il doom sembra cosa ormai lontana e dove parimenti possiamo considerare l’autenticità della nuova proposta dell’ex-Candlemass Eidling come un qualcosa di sentito a livello di ispirazione più che di mera riproposizione del passato. In tale senso, necessariamente questo lento e progressivo sdoganamento dal nome Candlemass e dall’impatto più doom (ancora ampiamente presente nell’omonimo debut) può portare ad una stortura di naso, ma è altrettanto vero che l’eleganza diretta con questo velo più soffuso e teatrale possa risultare come un qualcosa di assolutamente riuscito. Il progetto Avatarium riesce ancora una volta a stupire per le sue composizioni eleganti e la sua immediata assimilazione, ma mai fine a se stessa, suggellando ancora una volta quell’alone di fascinoso mistero che si lega innegabilmente al filone di Poe e ad una musica fatta di immagini ed emozioni, oltre che di suoni e tecnica. Difficile non lasciarsi trasportare ancora una volta dentro questi territori oscuri e piacevolmente suadenti. “I saw you once before / all alone out on the moor / you were pointing to the clouds / you laughed and laughed / and danced for hours /a little happy girl in a big black mask / against the world / where are you coming from /where are you going can I come?”.