AVERNUS – Grievances

Pubblicato il 17/09/2024 da
voto
8.0
  • Band: AVERNUS
  • Durata: 01:01:56
  • Disponibile dal: 20/092024
  • Etichetta:
  • M-Theory
Streaming non ancora disponibile

Siete pronti per un giro di valzer nel culto? Forniscono tutto l’occorrente gli Avernus da Chicago: un percorso musicale lungo e travagliato che affonda le radici nei primi anni Novanta; un suono sincero, caldo e affascinante; un immaginario epico e drammatico.
Siamo all’interno del death-doom atmosferico, ma gli Avernus hanno una discreta personalità, e, pur non proponendo nulla di particolarmente originale o innovativo, risultano ampiamente riconoscibili; i riff, carismatici e orecchiabili, rimangono stampati in mente al primo ascolto, mentre le canzoni continuano a svelarsi a poco a poco nel corso dei successivi ascolti. Arduo trovare pari ariosità nel metal estremo, anche per merito delle tastiere, che donano colore e atmosfera senza mai risultare invadenti o preponderanti rispetto agli altri strumenti.
Una storia colma di peripezie si diceva, tra cambi di formazione e di direzione artistica, costellata di demo, singoli, EP, partecipazioni a compilation e con un solo album di inediti all’attivo, sfornato a fine anni Novanta; una vicenda che sarebbe dura riassumere in queste poche righe, che è meglio invece dedicare interamente al lavoro in questione, perché veramente notevole.
Con “Grievances”, infatti, gli statunitensi trovano la perfetta quadra, a trentadue anni dalla fondazione del gruppo; un album che finalmente rende giustizia alla loro incrollabile fede e dedizione. Potendo fregiarsi del titolo di pionieri del death-doom, le origini del loro suono risalgono agli albori del genere, ai primissimi lavori di Paradise Lost, Anathema e My Dying Bride, e, andando a ritroso, ai Candlemass, e, naturalmente, ai Black Sabbath.
Le influenze new wave e gothic rock, più marcate in passato, su questo “Grievances” traspaiono solo come lontane reminiscenze. Alle lente, epiche e solenni trame di chitarra, accompagnate da una semplice ma funzionale sezione ritmica, si aggiungono gli efficacissimi tappeti di tastiera, che donano un’atmosfera mistica e arcana all’opera.
Il cantato del leader Rick McCoy è un growl profondo e sommesso che calza a pennello; il tono declamatorio associato alle tastiere può ricordare qualcosa dei Bal Sagoth meno barocchi o degli ultimi Ancient Rites, ovviamente sempre a velocità ridotta: non sono presenti accelerazioni death metal, né, d’altro canto, le dinamiche dilatatissime tipiche del funeral doom.
L’album presenta cinque pezzi veri e propri, molto lunghi, dagli otto ai dieci minuti, tutti davvero belli, e altri cinque brevi strumentali, compreso l’intro, che aiutano a spezzare l’ora di durata dell’album; vale la pena citare “Nemesis”, una vera e propria ‘hit’ di epic doom estremo, della durata di nove e minuti e mezzo, che scorre via in un soffio, la struggente “Return To Dust” e l’ultima, trascinante, “Quietus”, ma tutto il disco non ha cali di sorta. Ciascuno dei pezzi lunghi prevede una consistente sezione strumentale, che non ne fa perdere il filo, anzi, li rende ancor più evocativi: l’equilibrio tra i vari strumenti, la maestria nella composizione, il suono, perfetto per lo stile proposto, sono tutte note di merito e non lasciano dubbi sulla qualità del disco; anche l’illustrazione di copertina e i testi concorrono alla sua riuscita – ogni cosa è insomma coerente, ben studiata e scrupolosamente eseguita.
A voler trovare un difetto, si potrebbe tirare in ballo una certa monoliticità di fondo della proposta, ma stiamo parlando pur sempre di death doom, e la capacità di non uscire dal seminato è un punto di forza di questi Avernus del 2024, che in precedenza avevano sofferto forse di un eccessivo eclettismo che li rendeva un po’ dispersivi e disordinati.
Allora meglio specificare che non è certo un disco per tutti i gusti; ma chi ama queste sonorità non può lasciarsi sfuggire l’opera definitiva a nome Avernus.
La passione non è mai mancata alla compagine dell’Illinois, e nemmeno il coraggio di ricercare un proprio suono senza appoggiarsi a un canone prestabilito, e ora che hanno trovato l’esperienza necessaria e la giusta calma nel ragionare sulla composizione e gli arrangiamenti, non c’è n’è più per nessuno.

TRACKLIST

  1. Calling The Void
  2. Nemesis
  3. Exitus
  4. Plateau
  5. The Burning Down
  6. Return To Dust
  7. Open Arms
  8. Utter Euphoria
  9. Abandoned
  10. Quietus
0 commenti
I commenti esprimono il punto di vista e le opinioni del proprio autore e non quelle dei membri dello staff di Metalitalia.com e dei moderatori eccetto i commenti inseriti dagli stessi. L'utente concorda di non inviare messaggi abusivi, osceni, diffamatori, di odio, minatori, sessuali o che possano in altro modo violare qualunque legge applicabile. Inserendo messaggi di questo tipo l'utente verrà immediatamente e permanentemente escluso. L'utente concorda che i moderatori di Metalitalia.com hanno il diritto di rimuovere, modificare, o chiudere argomenti qualora si ritenga necessario. La Redazione di Metalitalia.com invita ad un uso costruttivo dei commenti.