7.5
- Band: AVERSED
- Durata: 00:39:43
- Disponibile dal: 21/03/2025
- Etichetta:
- M-Theory
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Formati a Boston nel 2009 dal chitarrista Sungwoo Jeong e dal bassista Martin Epstein, unici membri originali rimasti, gli Aversed trovano nel 2016 le due aggiunte chiave che li porteranno all’agognata pubblicazione dell’album di debutto e di questo interessante seguito: Jeff Salzmann alla batteria, da qualche anno anche negli Allegaeon, e il chitarrista Alden Marchand. Alla voce, Sarah Hartmann va a sostituire Haydee Irizarry, che aveva cantato sul primo disco “Impermanent”.
Una formazione affiatata e ad alto tasso tecnico, senza punti deboli né comprimari; i due chitarristi si sono occupati, egregiamente, anche della produzione di questo nuovo “Erasure Of Color”, mentre le orchestrazioni che vanno a cesellare il suono dell’album sono state curate da Vikram Shankar, al lavoro anche con Redemption e Pain Of Salvation.
La proposta degli Aversed poggia sui mostri sacri del primo progressive death metal, soprattutto Death e Cynic, e sul death metal melodico della scuola di Gõteborg, versante In Flames e At The Gates; andando su produzioni più recenti, questo “Erasure Of Color” potrebbe essere descritto come una via di mezzo tra il death metal tecnico e orchestrato degli statunitensi Dååth e quello gotico ed eclettico dei norvegesi Okular.
L’alternanza tra i growl e il cantato pulito di Sarah Hartmann potrebbe rimandare a qualcosa degli ultimi Arch Enemy, ma l’aggressività e la complessità delle costruzioni sonore tiene gli Aversed a una certa distanza; sono invece lontani anni luce gli stilemi tipici del metalcore odierno di gruppi quali Jinjer o Infected Rain, per la gioia di quanti rimangono legati a una concezione tradizionale del metal estremo melodico e progressivo.
Rispetto al disco d’esordio l’allontanamento dal canonico melodic death metal di stampo svedese è comunque abbastanza evidente, sebbene già quel lavoro presentasse diverse influenze e sfaccettature, arrivando a citare perfino i Morbid Angel: in questa seconda opera vi è un marcato incremento della tecnica strumentale, della velocità di esecuzione e della ricerca musicale.
Se “Impermanent” viveva della freschezza tipica di tanti esordi, “Erasure Of Color” lima invece alcune ingenuità e si presenta più difficile, serio e maturo.
Straordinario, non vi è termine più adatto per descrivere il pezzo di apertura “To Cover Up The Sky”: intricate trame strumentali dipingono complessi scenari sonori in un crescendo emozionante, sempre sul filo del rasoio della disarmonia, ma senza mai perdere il bandolo della matassa, in un magico equilibrio che pochi riescono a porre in atto; perfetto anche l’alternarsi di growl e voce pulita, mai scontato, mai stucchevole, ma non indecifrabile. Godibilissima anche “Cross To Bear”, non distante dallo stile dei Gojira e cantata in larga parte con la voce pulita, che fa da contraltare al metal estremo intessuto dagli strumenti, ancora una volta con grande maestria, controllo e misura.
Con “Lucid Decapitation” ci si imbatte nel pezzo più ‘groovy’ della scaletta, dove gli Aversed giocano con le dissonanze citando Voivod e Mastodon; ottima la prova di Sarah Hartmann, capace di modulare in più modi i suoi growl, sempre incisivi e profondi.
Merita due parole anche il testo di questa canzone, che prende spunto da un macabro episodio storico: nel 1905 il medico francese Jacques Beaurieux condusse degli esperimenti sui condannati alla ghigliottina, volti a capire per quanto tempo le loro teste staccate dal corpo conservassero coscienza; Beaurieux chiamava i ghigliottinati per nome subito dopo l’esecuzione per testare le loro reazioni e finì per scambiare quelli che erano meri e semplici fremiti autonomi di natura nervosa per movimenti lucidi e volontari. Da questo fatto prende slancio la riflessione degli Aversed sulla sconcertante prospettiva di essere sottoposti a tale lugubre esperienza e fino a che limiti si possa spingere la sete di conoscenza del genere umano, che spesse volte non considera quanto gravosi possano esserne i costi.
In generale i testi sono curati e si tengono ben lontani dai cliché di tanto metal, e vale la pena sottolinearlo perché non succede così di frequente: citiamo anche quello di “To Cover Up The Sky”, sulla caduta di tutti i valori nel mondo contemporaneo, e l’invettiva contro l’industrialismo esasperato della title-track.
Il piacevole, ma nulla più, melodeath di “Inexorable” e gli echi dei Nevermore – complici gli intriganti riff eseguiti con le chitarre a sette corde – in “Burn” caratterizzano una parte centrale dell’album non eclatante, ma ancora di sicuro valore; si torna poi ai fasti dell’apertura del disco con la title-track, la più gothic-death del lotto, e la cangiante “Deapartures”, con il suo bell’intro acustico “Yearning”.
Gli arrangiamenti fortemente jazzati, come da miglior tradizione technical death metal e i suoni cristallini, che assicurano la pulizia necessaria a rendere giustizia al genere proposto, concorrono alla buona riuscita del lavoro.
Oltre alle convincenti sette corde, le cui sofisticate partiture tengono ben alta l’attenzione, va sottolineata anche la qualità della sezione ritmica: metronomici i blast beat della batteria di Salzmann e sontuosi gli arrangiamenti del basso a sei corde di Epstein.
A volte i passaggi possono risultare poco fluidi, ma è anche vero che ciò dona personalità alle composizioni che altrimenti sarebbero fin troppo normali per un genere musicale che fa della ricerca e dell’impatto la sua stessa ragione di vita.
C’è tanta carne al fuoco e si può aver talora l’impressione che manchi un po’ di ordine nelle idee proposte: non tutti i pezzi sono monumentali e nell’insieme manca un più spiccato marchio di fabbrica, ma gli Aversed rimangono senz’altro una compagine di valore e da tenere sottocchio.