6.0
- Band: AVERSIONS CROWN
- Durata: 00:37:41
- Disponibile dal: 12/06/2020
- Etichetta:
- Nuclear Blast
- Distributore: Warner Bros
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Riassestata la line-up (fuori Mark Poida, dentro il nuovo frontman Tyler Miller), accantonate le tematiche sci-fi à la Fallujah/The Faceless che ne avevano definito l’immaginario fino a questo momento, gli Aversions Crown si riaffacciano sul mercato con un disco – il quarto in carriera, terzo a beneficiare della spinta promozionale della Nuclear Blast – che conferma pregi e difetti affibiati loro nel corso degli anni. Una realtà formalmente inattaccabile, quella di Brisbane, sempre attenta a curare nei minimi dettagli le proprie opere (basti pensare alla produzione di Will Putney o all’artwork di Eliran Kantor che incorniciano questo “Hell Will Come for Us All”) e a seguire i diktat del filone death-core evitando l’abuso di breakdown o di altre soluzioni semplicistiche, a cui però – nonostante tutto – continua a mancare la capacità di imporsi sulla concorrenza e di scrivere album davvero convincenti.
Come dicevamo, invasioni aliene e cospirazioni hanno ceduto il posto a critiche sociali sulla scia di quelle formulate da Fit for an Autopsy e Thy Art Is Murder, ma le similitudini con gli autori dei recenti “The Sea of Tragic Beasts” e “Human Target” non finiscono di certo qui; basta infatti la doppietta iniziale “The Soil”/“Born in the Gutter” per capire quanto i ragazzi siano stati folgorati dall’ascolto di una ‘hit’ come “Mirrors”, in un fluire di riff e ritmiche stordenti, echi di voci pulite e digressioni atmosferiche che, se da un lato risultano essere eseguiti con indubbia perizia, dall’altro evidenziano una personalità non solo scarsa, ma forse addirittura inesistente. Che la suddetta creatura di Putney sia ormai un faro della scena è fuori discussione, ma imitarne in maniera così pedissequa le mosse, specie se sprovvisti di una sensibilità melodica degna di questo nome, diventa più che altro controproducente, allargando la forbice tra leader e follower con il passare dei minuti.
Appurato che un discorso simile può essere fatto anche per gli episodi più brutali, i quali vanno invece a pagare pegno a CJ McMahon e compagni (“Scourge of Violence”, “Hymn of Annihilation”), risulta chiaro come “Hell Will Come…” sia il frutto di una formazione caparbia e preparata quanto si vuole, ma dalla visione stilistica ancora piuttosto limitata. Un album rivolto esclusivamente ai die-hard fan dell’ondata death-core dell’ultimo lustro, indicato giusto per una sessione di allenamento in palestra.