8.0
- Band: AVKRVST
- Durata: 00:45:20
- Disponibile dal: 13/06/2025
- Etichetta:
- Inside Out
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Sono passati solo due anni dal debutto degli Avkrvst ma, ascoltando il nuovo “Waving At The Sky”, si ha il dubbio che in realtà il tempo intercorso sia molto di più. E questa sensazione è data dal fatto che questo nuovo album è molto maturo, di grande respiro, in equilibrio tra il gusto del progressive di taglio più metal (come possono essere le produzioni degli ultimi Opeth o dei primi Pain Of Salvation) e quello a cavallo tra gli anni Settanta e Ottanta, con influenze pinkfloydiane e derive space rock.
In questo secondo lavoro, i norvegesi prendono spunto da una notizia di cronaca locale accaduta quando i fondatori degli Avkrvst erano bambini, ovvero un caso di abusi familiari avvenuto nelle campagne vicino ad Oslo. Vista la tematica, ci si aspetterebbe un’opera cupa ma, nel corso delle sette tracce, si assiste ad un crescendo di intensità fino alla complessa e lunga canzone conclusiva, nonché title-track, la quale si apre in un’ariosa sequenza di tastiere che portano a una serena conclusione.
Rispetto al precedente “The Approbation”, dove alcune parti non venivano ben sviluppate a livello musicale e le parti cantate non avevano convinto pienamente, in questo “Waving At The Sky”, Simon Bergseth offre un’ottima prestazione sfruttando il passaggio tra parti pulite e growl (forse risentendo anche dell’influenza dei già citati Opeth): in brani come “Preceding” e “Families Are Forever” il suo cantato dà un valore aggiunto all’atmosfera, che porta con sé l’intreccio di chitarre (suonate dallo stesso Simon e da Edvard Seim) e i suoni eterei delle tastiere (suonate a turno da Martin Utby, Øystein Aadland e Auver Gaaren). Le parti ritmiche vedono un raffinato gioco di stoppati, sottolineature di pathos nelle situazioni di violenza domestica raccontate, e sono sviluppate dai due compositori principali (Simon e Martin), aiutati dallo stesso Øystein.
Andando a vedere altre particolarità relative a questo secondo lavoro, troviamo un piccolo ma prezioso cameo grazie alla presenza nel singolo “The Malevolent” del cantante degli Haken Ross Jennings, che con il suo timbro aggiunge sfumature ulteriori e diverse alla storia raccontata.
Se consideriamo quindi che la cura del suono è veramente ricercata, che il risultato della commistione tra passaggi folk e rock come nel pezzo “Conflating Memories” si rivela un filo conduttore pure con la psichedelia riscontrabile nei momenti conclusivi dell’album, possiamo dire che l’evoluzione degli Avkrvst già al secondo disco, un album ben equilibrato e suonato impeccabilmente, è in grado di proiettarli in un’altra dimensione.