7.5
- Band: AVMAKT
- Durata: 00:44:23
- Disponibile dal: 30/08/2024
- Etichetta:
- Peaceville
Spotify non ancora disponibile
Apple Music:
Kolbotn è una piccola cittadina di seimila abitanti a trenta minuti da Oslo, pulita, tranquilla e bagnata da un pittoresco lago che in inverno si trasforma in una grande pista di pattinaggio.
Avete presente la copertina di “Astral Fortress” dei Darkthrone? Ecco, è esattamente quello, e sono proprio Fenriz e Nocturno Culto il motivo per cui tutto d’un tratto un paesino come un altro come Kolbotn si è trovato ad essere il centro di una scena metal che saputo scavalcare i confini nazionali con band come Aura Noir, Obliteration, Nekromantheon, Coffin Storm o Beyond Dawn, grazie anche ad etichette come Candlelight o Peaceville. Proprio quest’ultima pubblica in questi giorni il debutto degli Avmakt, duo di Tårnèsen (frazione appunto di Kolbotn) che vede tra le proprie fila il talentuoso Kristian Valbo, batterista di Aura Noir e Obliteration.
Dopo un demo e la partecipazione alla compilation “Dark Side of the Sacred Star”, gli Avmakt danno alle stampe il loro primo lavoro “Satanic Inversion of….” ed il risultato è un centro pieno, che farà breccia specialmente a chi non ha ancora digerito la svolta dei Darkthrone post-“The Cult Is Alive”.
I sei brani qui presenti rappresentano di fatto quanto di più vicino si possa sentire oggi al classico suono freddo e tagliente della prima parte di carriera della band di Fenriz: un tributo fedele come pochi se ne erano sentiti, che non sfocia però mai nello stucchevole, fatto da gente che ha capito benissimo il sound del black metal di quel periodo.
Un album, quindi, che non ha la minima pretesa di creare qualcosa di nuovo o di rivoluzionario ma in grado di funzionare benissimo dall’inizio alla fine: a partire dalla produzione, al passo con gli standard odierni ma che sembra uscire direttamente da un disco come “Under A Funeral Moon” e arrivando ai brani stessi, è tutto un susseguirsi di riff minimali e batterie in grado di arrivare al sodo senza perdersi in arrangiamenti troppo complessi, creando quel groove tipico del black metal norvegese dei primi nineties.
Prendete “Ordinance”, traccia di apertura che non sfigurerebbe in un album come “Hate Them” o la successiva “Poison Revealed”, ideale ponte tra l’ossessionante tristezza del primo Burzum e il nichilismo dei Darkthone della trilogia storica. “Towing Oblivion” riprende in maniera esemplare la lezione nichilista di un brano come ”Inn I De dype Skogens Favn” dei Darkthrone, aggiungendoci quel groove thrash tipico degli Aura Noir, mentre “Charred” si prende addirittura la libertà, nella prima parte, di sfociare nel doom per riabbracciare poi il ‘solito’ caos dissonante e freddo.
Rimangono poi i dieci minuti della furiosa “Sharpening Blades Of Cynism” (un titolo che sa di Darkthone fino al midollo) coi suoi sporadici rimandi ai Celtic Frost e al sottovalutato “Plaguewielder” mentre la ugualmente lunga “Doubt And The Void”, chiude il disco ed illude col suo inizio lentissimo ed ossessivo per poi tornare a fare male tra blast beat selvaggi e chitarre zanzarose e minimali.
“Satanic Inversion of….” viaggia su binari sicuri e già battuti ma per nulla scontati, non limitandosi unicamente a riproporre un suono old-school (cosa che molte band odierne riescono a fare benissimo), ma andando oltre e riesumando quello spirito anarchico e punk che bruciava in quei dischi lì. Un cosa tanto semplice su carta, quanto difficile in pratica.