7.0
- Band: AVSKRÄDE
- Durata: 00:35:59
- Disponibile dal: 12/12/2021
- Etichetta:
- Purity Through Fire
Spotify non ancora disponibile
Apple Music non ancora disponibile
Se fossimo nel 1994 avremmo messo la firma sul fatto di vedere il disco degli Avskrade uscire sotto l’egida di Osmose. Il loro sound è infatti cristallizzato (egregiamente) nella matrice più tradizionale e marcia del black metal di quegli anni, ma con un piglio di ignoranza old-school à la Impaled Nazarene – al tempo tra i paladini dell’etichetta francese – che non guasta (“Nattfärd”).
Ovviamente l’arco di ispirazione del duo svedese è ben più ampio, e va dalla Norvegia più selvaggia a – come detto – il lato più psicotico espresso dal versante finlandese; lasciandoci la sensazione di un buon lavoro di ricerca ed equilibrio, che non nega il suo sfrontato desiderio nostalgico. Il loro sound unisce freddezza glaciale e brutalità, con la costante di una produzione sporca, compressa, che proprio come nei dischi degli anni d’oro non sempre garantisce di percepire al meglio tutti gli strumenti, ma sa trasmettere una ferocia blasfema non indifferente. Se da una parte viene facile pensare ai primi Gorgoroth e Marduk, inevitabilmente è forte l’impronta dei Darkthrone degli anni più infami; non solo per il mixing offuscato, ma anche per quel lato più grezzo e ‘punk’ del black metal di cui Fenriz è sempre stato fautore, e che qui fa capolino in diversi brani, grazie a riff più aperti e brevi stop’n’go (“Aldrig Mer Skall Solen BräNna”, “Gravens Tomma SköNhet”).
Come si può evincere dalla quantità di riferimenti elencati, l’originalità non è – almeno per il momento – il punto di forza degli Avskrade. Tuttavia, in un’era in cui l’approccio vintage verso queste sonorità sta quasi sormontando le uscite più fresche e ‘sperimentali’, possiamo almeno riconoscere che, nel guardare con gli occhi lucidi a un periodo in cui forse non erano nemmeno al mondo, i due svedesi offrono un ventaglio di sonorità ben assimilato e sufficientemente vario; col risultato di trovare in “Det Stora Tunga Sjuka” un debutto sicuramente godibile.