6.0
- Band: AXEL RUDI PELL
- Durata: 00:54:50
- Disponibile dal: 08/05/2020
- Etichetta:
- Steamhammer Records
- Distributore: Audioglobe
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Fin dagli esordi Axel Rudi Pell, biondo chitarrista tedesco, ha subito mostrato una forte personalità; non vi è dubbio che dischi come “Nasty Reputation” e “Eternal Prisoner” abbiano lasciato fin da subito un’impronta decisa nel mondo dell’hard & heavy. La sua carriera non ha mai mostrato battute d’arresto e dopo trentun’anni arriva a pubblicare il diciottesimo disco in carriera con questo “Sign of The Times”. Tanti i cantanti che in questi anni si sono alternati al microfono, tutti di gran talento a partire da Rob Rock (esaltante la sua prova nel già citato “Nasty Reputation”) senza dimenticare una manciata di lavori pubblicati con un giovane e talentuoso Jeff Scott Soto. Da diverso tempo però la voce di Axel Rudi Pell è affidata a Johnny Gioeli, singer di razza che anche qui dimostra tutto il proprio valore. Axel rimane fedele alle proprie radici: poche influenze esterne, quello che esce della sua chitarra (sempre pronta a viaggiare veloce sulle sei corde) è ‘solamente’ del sano hard & heavy dalle tinte neoclassiche. Dopo una brevissima intro parte a razzo “Gunfire”, bella opener che irrompe dallo stereo dando l’impressione di ritrovarsi ancora negli anni Ottanta. Rispetto al suo predecessore, il notevole “Knights Call” uscito due anni or sono, le nuove composizioni mostrano venature maggiormente hard rock. Lo dimostrano subito “Bad Reputation” e “Wings Of The Storm”, melodica la prima, più rocciosa la seconda. L’impressione però è che il songwriter e chitarrista tedesco non sia al top della propria capacità compositiva; la titletrack e “The End Of The Line” (tanto per citare un paio di brani) sono canzoni piacevoli a cui manca l’estro vincente, faticando a decollare; e così si muove gran parte della tracklist. Seppur piuttosto classica e scontata, svolge bene il proprio compito la ballatona “As Blind As A Fool Can Be” mentre – ascolto dopo ascolto – prende sempre più piede la sensazione che il midtempo di stampo hard rock “Waiting For Your Call” funzioni più per le capacità vocali di Johnny che per il pezzo in sé. Fuori dagli schemi con la sua partenza reggae, fila via liscio l’esperimento “Living In A Dream”, che successivamente si trasforma in un brano quadrato di stampo hard rock accompagnato da un bel refrain in stile Whitesnake.
“Sign Of The Times” non regge il confronto col suo predecessore e sfigura un po’ all’interno della lunga discografia della band; Axel svolge il compitino ma pecca di ispirazione – e da uno come lui è lecito attendersi qualcosa in più.