6.0
- Band: AXEVYPER
- Durata: 00:42:21
- Disponibile dal: 17/09/2010
- Etichetta:
- My Graveyard Productions
- Distributore: Masterpiece
Spotify:
Apple Music:
Se è dalla copertina che a prima vista si giudica un disco, allora questo debutto degli Axevyper, nuova band messa in piedi da Luca “Fils” Cicero e Guido “Barbaresque” Tiberi dopo aver chiuso l’avventura Assedium, vince al primo round per KO tecnico: una pila di “poser” con toppe e loghi di gruppi rappresentanti la via sbagliata al metal (riconoscibili Korn, Limp Bizkit, Nirvana e Lacuna Coil tra gli altri, ma anche Sonata Artica, Poison e Dimmu Borgir), esala l’ultimo respiro calpestata dal fiero lucertolone che brandisce l’ascia dello sterminio. Troppo divertente! Di certo l’ironia e la fede metallica non mancano agli Axevyper, che non si limitano a ricreare solo una parte grafica di estrazione assolutamente eroica e barbareggiante, ma abbinano ad essa una colata di metallo puro che più puro non si può, andando a ritroso nel tempo anche con i suoni scelti per la produzione ma senza perdere equilibrio e dinamica. Pure italian heavy metal, scrivono sul retro del CD, ma la definizione ingloba all’interno del collage registrato dai cinque (completano la formazione i rispettivamente ex e attuale Fallen Fucking Angels Andrea “Pandò” Tognetti e Filippo “Butch” Belli, più Damiano “la Favola” alla chitarra) anche schegge di power, speed, trash ed epic metal oltre ad un leggero sentore di modernità (vedi “Bad Italian Boys”, affine a qualcosa dei Black Tide). Tra le canzoni più riuscite sicuramente “Rats To The Walls”, acceptiana fin dal titolo, la epica “Immortal Steel”, dove troviamo George Call degli Omen e le maideniane “Roadster” con Tann degli Ironsword e “Axevyper”. Anche “Non E’ Finita Qui” offre buoni spunti, oltre al coraggio del cantato in lingua madre e al tamarrissimo campionamento di “Rambo” a inizio pezzo. Se poi volete farvi una risata, andate a leggere il testo della già citata “Bad Italian Boys”, autocelebrativa al massimo e che cita Birra Moretti, pizza e una fantomatica metal mafia. Certo, non tutto è oro: la band non sembra interessarsi troppo delle etichette e questo è un bene, ma forse avrebbe bisogno di incanalare meglio lo sforzo compositivo e lasciare da parte definitivamente quell’aria di italianità che inesorabilmente non aiuta. Inoltre, come nella maggior parte delle produzioni italiane, anche di livello, la voce potrebbe essere prodotta molto meglio. Questo disco potrebbe essere uscito nell’otttantacinque, e nessuno si accorgerebbe della differenza: a voi giudicare se sia un bene o un male.