8.0
- Band: AZARATH
- Durata: 00:40:00
- Disponibile dal: 07/04/2017
- Etichetta:
- Agonia Records
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Una gestazione un po’ travagliata, conseguenza in primis degli enormi impegni del leader Inferno con i Behemoth, ha portato a quasi sei anni di attesa per la nuova pubblicazione degli Azarath, tra le death metal band più solide e al contempo più sottovalutate della scena europea. Il gruppo, legato da sempre al suddetto batterista (che è anche l’unico membro fondatore rimasto nella line-up), sinora non è mai riuscito a spopolare, sfruttando magari la notorietà raggiunta dai suddetti Behemoth, ma negli ultimi dieci anni ha comunque saputo creare un suono istintivo e carnale che non ha lasciato indifferenti i più attenti estimatori e completisti dell’underground. Dopo avere sperimentato con alcune soluzioni più epiche – a volte non lontanissime da quanto realizzato dagli Immortal nei loro ultimi album – sul precedente “Blasphemers’ Maledictions”, con il nuovo “In Extremis” gli Azarath non lasciano campo a troppe ambiguità e tornano ad una formula maggiormente vicina al classico death metal, riesumando l’impalcatura su cui si reggeva gran parte del vecchio ed efficacissimo “Praise the Beast” per poi guarnirla con una serie di arrangiamenti molto curati, che denotano un’indubbia maturità a livello di songwriting. “In Extremis” espone le nuove regole del gioco come meglio non potrebbe. Un senso di movimento contagioso innerva l’intero l’album: in alcuni episodi dell’ultimo lavoro i polacchi davano un po’ l’impressione di arrabattarsi su formule estranee alla loro indole, mentre su questa nuova opera la band riesce a coinvolgere più che mai, incidendo con naturalezza. Sul fronte del riffing di chitarra, i riferimenti sono spesso chiarissimi – Deicide, Morbid Angel, Immolation, Angelcorpse, i Behemoth dei dischi su Avantgarde Music – ma l’anima del lavoro non risulta per nulla ruffiana o banale; le canzoni prendono vita da attacchi estremamente passionali e trovano solidi ganci in melodie per nulla scontate e capaci al tempo stesso di scivolare lisce grazie al perfetto equilibrio che bacia composizione ed arrangiamento. Chiari esempi della caratura del materiale qui proposto sono, in particolare, “The Slain God” e “At The Gates Of Understanding”, tracce ora in grado di scatenare ritornelli killer, ora capaci di alzare in piedi strutture complesse e arie tormentate velate di black metal. Lavorando al massimo sui singoli episodi e amalgamando con cura i vari volti del gruppo, gli Azarath hanno insomma saputo dare nuova vita e vigore al proprio armamentario, confezionando un’opera che quasi certamente verrà annoverata tra i dischi death metal più velenosi di questo 2017. Caldamente consigliato a coloro che hanno trovato sin troppo leggero “The Satanist”.