7.5
- Band: AZARATH
- Durata: 00:38:40
- Disponibile dal: 27/11/2020
- Etichetta:
- Agonia Records
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A dispetto di una pandemia e degli impegni del batterista Inferno con i Behemoth, la carriera degli Azarath procede regolare, con un nuovo album a tre anni di distanza dal fortunato “In Extremis”, facendo intendere che il lunghissimo lasso di tempo trascorso fra quest’ultimo e il suo predecessore, “Blasphemers’ Maledictions”, era stato solo un incidente di percorso. “Saint Desecration” introduce il nuovo cantante/bassista Skullripper, ma l’impostazione alla base del sound della band polacca non cambia di molto. Il disco prende chiaramente le mosse da “In Extremis”, presentando una proposta in cui il gusto per la ferocia e la blasfemia che da sempre caratterizza la formazione si coniuga con l’ormai consueta attenzione per i dettagli e, in qualche caso, con un songwriting di più ampio respiro, che si traduce in composizioni sì serratissime, ma non prive di variazioni e rapidi cambi di rotta. I death-black metaller polacchi ci tengono ad apparire truci e oltranzisti – e infatti è probabile che a un ascolto sommario il disco si segnali più per i suoi muri di blastbeat che per altro – tuttavia la manovra del quartetto in alcune situazioni sa farsi discretamente articolata, soprattutto a livello chitarristico. Bart in certi brani chiarisce infatti di non essere soltanto un killer della sei corde, certificando di trovarsi a proprio agio anche con arpeggi, dissonanze e altri registri meno immediati, filtrati però sempre attraverso il suo tocco diabolico. Talvolta si tratta di pillole, mentre in altre occasioni gli esperimenti si dimostrano più estesi, ma l’impressione è pur sempre quella di essere al cospetto di un musicista più ingegnoso di quanto si potrebbe inizialmente pensare. A dispetto di certe apparenze, “Saint Desecration” è dunque un disco che necessita di essere ascoltato con una certa attenzione per tutta la sua durata: un lavoro in cui le consuete influenze della band emergono in maniera forte e ben precisa, assieme a qualche elemento più raffinato che dimostra come gli Azarath siano un gruppo che ha ormai raggiunto una sua maturità. Magari in futuro i polacchi decideranno di abbandonare certe velleità e di continuare a insistere su pezzi-tritacarne come “Sancta Dei Meretrix” o su plateali virate old school (l’attacco in stile Deicide di “Life Is Death, Death Is Life”), ma per il momento ci piace pensare che anche un’opera più tetra e avvolgente, interamente sulla scia di quanto espresso su episodi come “No Salvation” o “Beyond the Gates of Burning Ghats”, potrebbe rivelarsi vincente. “Saint Desecration” si pone nel mezzo, tra freschezza e rassicuranti sguardi verso il passato, riuscendo in ogni caso a ricordare come il talento possa racchiudersi anche in qualcosa di solo accennato o di ‘incompleto’.