7.0
- Band: AZOTHYST
- Durata: 00:20:13
- Disponibile dal: 22/04/2022
- Etichetta:
- Godz ov War
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Pubblicato originariamente lo scorso ottobre dalla minuscola Vault of Dried Bones, l’EP d’esordio dei canadesi Azothyst deve aver smosso non poco l’interesse di quei loschi figuri della Godz ov War Productions, tanto da spingerli a ristamparlo in formato digipack ad appena sei mesi dalla sua data d’uscita. Poco male, comunque, visto che con questa mossa il suddetto concentrato di black/death alienante guadagnerà probabilmente la visibilità (underground) che merita, complice la ‘spinta’ sul mercato europeo garantita dalla sempre più intraprendente etichetta polacca.
Nell’arco di sei brani – per venti minuti esatti di musica – il disco mette a punto un’aggressione tanto sul piano fisico quanto su quello mentale, avviluppandosi in spirali che prima si fanno segnalare per la ferocia emanata dal comparto ritmico e chitarristico, e che poco dopo, nel pieno rispetto di certo metal estremo nordamericano, scavano voragini di paranoia e psicopatia a colpi di dissonanze, strutture frammentate e voci urlate che sembrano smarrire il senno man mano che ci si addentra nell’ascolto. Non stupisce, insomma, che in line-up figurino ex e attuali membri di gruppi come Adversarial e Antediluvian, tra i campioni assoluti del filone in oggetto, per uno sfoggio di esperienza e dimestichezza con la materia trattata ben superiore a quello solitamente in dote ad una realtà alle prime armi. L’autorevolezza con cui il quartetto di Toronto gestisce e affronta il proprio songwriting è evidente fin dall’opener “Rites of Ascendancy” e dal suo propagarsi vorticoso, e da quel momento in poi si allenta solo in occasione di due trascurabili interludi ambient; per fortuna, il resto del mini vive all’insegna di un’abrasione costante, richiamando oltre ai nomi citati anche quello degli Auroch più percussivi e schizofrenici di “Taman Shud”.
Musica ovviamente per pochi, che dilania, inquieta e lascia volutamente in sospeso diversi interrogativi sulla propria natura e sul proprio messaggio, ma che quando è interpretata con la giusta concretezza (come in questo caso) sa farsi portavoce di una dimensione da incubo in cui è davvero intrigante sprofondare. Prendetene nota se siete soliti scandagliare le tenebre del sottogenere.