7.0
- Band: BABYLON A.D.
- Durata: 00:44:29
- Disponibile dal: 10/11/2017
- Etichetta:
- Frontiers
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Originari di San Francisco, California, i Babylon A.D. rientrano nell’infausta categoria delle meteore emerse alla fine degli anni Ottanta prematuramente inghiottite, insieme a parecchi altri colleghi, dal devastante ciclone grunge. L’omonimo esordio viene tuttora considerato da una larga fetta di appassionati come un esempio eccelso di purissimo hard rock, levigato da un’incessante cascata di melodie squisitamente radiofoniche. Dopo aver inciso il valido (e più duro) erede “Nothing Sacred”, i cinque protagonisti sono scomparsi dai radar, salvo poi riemergere nel nuovo millennio con il trascurabile “American Blitzkrieg”, apparente pietra tombale volta a sigillare una carriera caratterizzata da un fascio discontinuo di luci ed ombre. Quando tutto oramai sembrava perduto, gli autori hanno deciso di riprovarci (per l’ultima volta?) e, finalmente, i loro reciproci sforzi sono stati premiati da un lotto di canzoni valide ed ispirate. Pur essendo rimasti orfani del prezioso contributo di Jack Ponti, autore, musicista e produttore di successo che ha prestato i suoi servigi a gente del calibro dei Bon Jovi, Bonfire ed Alice Cooper, la squadra ha dimostrato a tutti noi di disporre ancora di parecchie frecce al proprio arco. “Revelation Highway” si presenta come un’opera varia e cangiante, la quale non disdegna a più riprese qualche astuta concessione alle origini, ben rimembrate dalle frizzanti “Saturday Night” e “She Likes To Give It”. I Babylon A.D. dimostrano altresì di non voler rimanere inchiodati nel passato remoto, sfruttando il proprio potenziale attraverso un songwriting il più possibile personale e multisfaccetato. “Fool On Fire”, “One Million Miles” e “Tears” palesano uno spiccato afflato malinconico, sapientemente orchestrato da una capacità interpretativa al di sopra della media. Proprio per questo motivo rimaniamo stupiti dal fatto che i Nostri abbiano voluto puntare le proprie fiches nei confronti di un singolo per nulla incisivo come “I’m No Good For You”; prevedibile midtempo che scivola via velocemente senza lasciare grossi sussulti. Il lato più irruento viene espresso dalla ‘sleazy’ “Crash And Burn” e dall’anthemica “Rags To Riches”, entrambe le quali si ergono a mera testimonianza di una chimica collettiva in gran parte ritrovata. Bentornati.