6.0
- Band: BAD BONES
- Durata: 00:40:00
- Disponibile dal: 09/11/2012
- Etichetta:
- Bagana Records
- Distributore: Audioglobe
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In pochi anni di frenetica ed intensa attività, i Bad Bones hanno acquisito una schiera appassionata di fan in progressivo aumento, grazie ad un paio di album di discreta fattura, supportati da una serie di concerti ad alto voltaggio, che narrano il linguaggio del più schietto e verace hard rock vecchia maniera. Alla fine dello scorso anno, il trio piemontese ha ampliato il proprio organico, reclutando tra le proprie fila Max Malmerenda, un vero e proprio cantante di ruolo al quale spetta l’importante compito di far compiere il definitivo salto di qualità alla band. Purtroppo i Nostri falliscono l’obiettivo di capitalizzare al meglio gli sforzi costantemente profusi (anche a causa di una prestazione sì convincente del frontman, ma a distanza di sicurezza dai livelli di eccellenza), perché “Snakes And Bones” appare soltanto come un’onesta raccolta di brani discretamente composti, ai quali manca il giusto brio per far scattare l’allarme rosso nel nostro cervello. Sebbene la produzione venga affidata al quotato professionista Riccardo Parravicini (già al lavoro con realtà ben distanti dal nostro genere preferito come Niccolò Fabi e Marlene Kuntz), il sound fatica ad esplodere con forza dai microsolchi del compact disc, forse anche perché in questi undici brani fatichiamo a scovare un melodia incendiaria o un ritornello memorabile, elementi indispensabili che hanno reso immortale un album sin dagli albori del rock. Tra gli highlight del lotto segnaliamo comunque l’energica title track, canzone architettata su un bel riff circolare, così come la torrida e sboccata “Desert Star Blues”, contenente una massiccia dose di umidità da far impallidire gli abitanti dello stato della Louisiana. Buono anche il groove di “Indian Medicine Man”, traccia intensa colorata da un’affascinante ed arcana tinta notturna nella quale sono presenti marcate sonorità che rimandano ai nativi americani, mentre episodi come l’energico heavy rock di “Don’t Stop Me”, il quadrato mid tempo “Jumping White Devil” e la ballad “Follow The Rain”, seppur piacevoli, risentono di una marcata fiacchezza di fondo. Una sufficienza risicata che suona come una bocciatura per i fratelli Bone dai quali ci aspettavamo francamente molto di più. Un passo indietro.