7.5
- Band: BARREN EARTH
- Durata: 01:01:26
- Disponibile dal: 30/03/2018
- Etichetta:
- Century Media Records
- Distributore: Sony
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Con un’ottima costanza di uscite discografiche ed un livello qualitativo medio sempre alto, almeno per un cosiddetto supergruppo heavy metal, ritornano sotto i riflettori i finnici Barren Earth, alla seconda release sulla lunga distanza per Century Media Records. E lo fanno con un lavoro che cambia leggermente le coordinate portanti del loro raffinato e cangiante progressive death metal. Con il precedente “On Lonely Towers”, un disco di transizione un po’ ostico da digerire che presentava l’allora nuovo vocalist, il faroese Jòn Aldarà, in sostituzione di Mikko Kotamaki impegnatissimo con i suoi Swallow The Sun, la band aveva posto alcune fondamenta sulle quali modificare un suono che si imbeveva fin lì di Amorphis, Jethro Tull, Opeth e soluzioni Seventies abbinate ad un forte retrogusto folkish; oggi, con questo “A Complex Of Cages”, i Barren Earth vanno un pelo oltre limando via di parecchio l’approccio folk, anche se non del tutto, brutalizzando le parti estreme e avvicinandosi molto a quanto avrebbero potuto suonare gli Opeth post-“Watershed” se non avessero preso la piega prog-rock imposta da Mikael Akerfeldt. Non sappiamo di preciso quanto abbia influito su ciò l’abbandono del tastierista Kasper Martenson in favore del nuovo membro Antti Myllynen, oppure il rientro in pianta stabile del bassista ‘Oppu’ Laine negli Amorphis, fatto sta che i rapporti compositivi in seno al gruppo paiono vagamente mutati. Lo dimostra subito l’opener “The Living Fortress”, che ricorda parecchio i già citati Opeth, pur conservando uno spirito personale che ha sempre contraddistinto, finora, i Barren Earth. Aldarà, dal suo pulpito, si dimostra un cantante tecnicamente molto capace, con dei puliti super-espressivi e teatrali che, a seconda dei propri gusti, possono piacere molto oppure risultare troppo leziosi: difatti, la ricerca di melodie vocali pulite complesse e non particolarmente immediate crea difficoltà nel fruitore a lasciarsi andare completamente ad una musica che necessita la solita corposa manciata di ascolti per entrare in sintonia empatica con i neuroni. Myllynen è davvero bravissimo ad ampliare gli arrangiamenti di keyboards di “A Complex Of Cages” che, ad esempio nella vigorosa “Further Down”, passano da tappeti evocativi ad orchestrazioni, da un breve assolo Seventies a puntellature di pianoforte. L’album cresce inevitabilmente procedendo con le fruizioni e, oltretutto, presenta una tracklist che ha nella sua seconda parte le migliori frecce, quali la lunga suite “Solitude Pith”, la grandiosa chiusura malinconica di “Withdrawal” e le costruzioni di classe “Spire” e “Dysphoria”. Sami Yli-Sirnio e Janne Perttila alle due sei-corde si dimostrano due chitarristi estremamente versatili e ‘di gusto’; d’altronde, nel caso del primo, per suonare anche in due entità completamente diverse come Waltari e Kreator, non bisogna essere proprio degli sprovveduti: ma diciamo pure che su questo platter il lavoro chitarristico dei Barren Earth si eleva su picchi pregevoli e mai raggiunti prima. Insomma, un album per palati fini e dai gusti pretenziosi – inutile girare troppo attorno ad un concetto di immediatezza che, a questa band, è raro da abbinare – ma che rispetto a “On Lonely Towers” mostra certamente un gruppo più ispirato, compatto e convincente.