7.5
- Band: BATHSHEBA
- Durata: 00:45:16
- Disponibile dal: 24/02/2017
- Etichetta:
- Svart Records
- Distributore: Audioglobe
Spotify:
Apple Music:
Arriva dal Belgio questa nuova interessante realtà nel decadente universo del doom con voce femminile: i Bathsheba nascono nel 2014 dall’incontro di Michelle Nocon, affascinante sacerdotessa che ricordiamo per la sua militanza nei Serpentcult, con un manipolo di musicisti provenienti da altre realtà doom metal. Dopo un EP intitolato “The Sleepless God”, i Bathsheba arrivano oggi al debutto, mettendo in musica la negatività, l’opprimente pesantezza e la tristezza della realtà. Per farlo, la formazione belga si serve di una materia prima che sa essere al contempo classica e fresca: le radici del gruppo succhiano la linfa vitale del doom degli anni ’90, ma il tutto viene riletto con classe, risultando sempre convincente. Le sei composizioni contenute in “Servus” sono discretamente lunghe, ma mai eccessive; il songwriting è variegato, con quella rara abilità di pesare gli accenti e modellare gli umori. Se il brano di apertura, “Of Fire”, è un ottimo esempio di doom metal, che cresce di intensità, con variazioni di velocità che si addensano come una tempesta che sta per esplodere, “Ain Soph” spariglia completamente le carte, sfoderando un’anima black metal, una sensibilità avantgarde ed un bellissimo utilizzo del sax a dare un tocco di libertà espressiva in più. Anche la voce di Michelle è uno dei punti di forza dell’album: come una creatura notturna ammalia e incanta, per poi trasformarsi in strega, lasciando emergere uno sporadico uso dello screaming che, però, non tenta di sembrare maschile, ma mantiene una sinistra femminilità, crudele e lunare. Quando serve, i Bathsheba riescono a modellare anche composizioni lunghe, come nel caso di “Manifest”, dove la band si affianca compatta alla performance di Michelle Nocon, lasciando spazio anche ad un pregevole assolo di Dwight Goosens. Infine non possiamo concludere senza citare “The Sleepless God”, con la sua lunga introduzione strumentale, guidata da chitarre languide. Certo, ancora non abbiamo a che fare con una band perfetta e qualche calo nella qualità della scrittura si sente. Ad esempio stupisce la scelta di “Demon 13” come singolo per presentare l’album: sarà anche quello con la durata minore e il più accessibile nella forma, ma non rende giustizia alla qualità generale dell’album. Un debutto maturo, comunque, che mostra una band già consapevole dei propri mezzi e che potrà partire da questo punto per costruire una carriera brillante, soprattutto se la band darà ancora maggiore spazio allo stile ascoltato nella splendida “Ain Soph”.