7.0
- Band: BATTLE BEAST
- Durata: 00:41:34
- Disponibile dal: 21/01/2022
- Etichetta:
- Nuclear Blast
- Distributore: Warner Bros
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Mentre il buon Anton Kabanen e i suoi Beast In Black immettevano sul mercato il loro terzo album “Dark Connection”, da molti etichettato non solo come un piccolo gioiello del metal d’intrattenimento, ma come il terzo centro consecutivo messo a segno da una delle band più popolari del momento, buona parte degli appassionati iniziava a domandarsi se gli ex compagni di band del sopracitato chitarrista finlandese sarebbero stati in grado di rispondere in maniera adeguata.
Non che i due album successivi alla scissione siano sgradevoli, anzi, personalmente riteniamo “Bringer Of Pain” e “No More Hollywood Endings” due prodotti validi, soprattutto tenendo conto della separazione da colui che aveva scritto pressoché il cento per cento dell’apprezzato materiale precedente; tuttavia è innegabile che si tratti di due lavori altamente imperfetti, con al loro interno parecchi brani filler e un’ispirazione musicale generale nettamente inferiore rispetto alla nuova creatura nata dalla mente di Anton.
Chiariamoci, siamo consapevoli del fatto che l’ideale sarebbe analizzare questi progetti come due realtà del tutto differenti, anziché come concorrenti in lizza per stabilire chi dei due ce l’abbia più lungo; ma è anche vero che in casi come questo un confronto da parte di critica e ascoltatori risulta pressoché inevitabile, anche per saggiare la portata qualitativa delle due direzioni intraprese, peraltro sotto l’egida della medesima casa discografica. Quindi, dopo ben due match persi, anche se con classe, sarà questa la volta buona per una rimonta? Scopriamolo insieme.
Sin dalla copertina, questo nuovo “Circus Of Doom” lascia trasparire una parvenza inizialmente più oscura, rispetto alle opere precedenti del sestetto finnico, il che viene immediatamente confermato da una titletrack tetra e rabbiosa, sostenuta puntualmente da un comparto operistico e orchestrale che non tradisce l’atmosfera, così come i chitarroni scurissimi che accompagnano l’intera traccia. La stessa Noora Louhimo, vero fiore all’occhiello della band anche in questa sede, riesce a tingere la propria aura di nero per conferire ai primi vagiti di quest’opera un gusto interessante e riconoscibile. La componente più orecchiabile emerge in tutta la sua imponenza nella successiva “Wings Of Light”, che come suggerisce il titolo punta a illuminare parzialmente l’ascolto dopo il buio inizio, con risultati più che buoni, ma a tratti meno stupefacenti e a loro modo quasi eccessivamente legati alla cantabilità del ritornello. Tutt’altro discorso per il singolo “Master Of Illusion”, che ci stupisce in questa sede così come al tempo della sua uscita sul web, anche grazie ad un incedere non troppo accelerato e ad un’interpretazione generale teatrale e di buon impatto, per non parlare di quella che è una delle migliori performance di Noora in tutto l’album.
La più lenta “Where Angels Fear To Fly” e il secondo singolo “Eye Of The Storm” funzionerebbero bene come colonna sonora di due diversi momenti di un film o di una serie tv epica, il che in questo caso è un complimento non da poco, anche se si inizia a percepire una leggera ridondanza dal punto di vista della struttura e delle scelte stilistiche. Questa viene fortunatamente stemperata dalla danzabile e divertente “Russian Roulette”, che riporta in evidenza la componente più anni ’80 dei Battle Beast, la cui commistione di metal e synth pop ha fatto la fortuna di buona parte dei lavori di ambedue le line-up menzionate in questa recensione, e anche se la cosiddetta ‘bestia in nero’ col tempo ha raffinato e maturato ulteriormente questa formula, fa piacere notare che anche la ‘bestia da battaglia’ non ha scordato una delle sue armi migliori.
“Freedom” parte bene e con fare aggressivo, ma le soluzioni adottate tendono a perdere di forza e a suscitare in parte il temuto effetto deja-vu man mano che ci avviciniamo alla successiva “The Road To Avalon”, anch’essa affetta dalla medesima problematica, ma in misura minore grazie ad una musicalità generale più tamarra e fomentante.
“Armageddon” sembra persino troppo la diretta derivata della precedente o di altri brani provenienti dal repertorio dei Battle Beast, facendoci temere che il disco abbia esaurito in anticipo le sue gemme più luccicanti, il che di fatto rappresenterebbe un difetto simile a quanto accaduto ad esempio in “Bringer Of Pain” quasi cinque anni fa, del quale ricordiamo con goduria la prima metà, mentre la seconda è stata quasi del tutto rimossa. In questo caso la critica ci nasce con meno enfasi, dal momento che il livello generale continua comunque ad attestarsi su livelli relativamente alti, anche se la chiusura con “Place That We Call Home”, seppur evocativa e in pieno stile power metal moderno, ci lascia leggermente perplessi in quanto avremmo gradito una conclusione più ficcante rispetto ad un brano che non stonerebbe in un qualsiasi lavoro dei Gloryhammer.
Tirando le conclusioni, possiamo dire che all’atto pratico “Circus Of Doom” è un album sicuramente molto piacevole e che può vantare dei brani coinvolgenti, memorabili e davvero ben scritti, ma che insieme ad altri decisamente più derivativi completano una tracklist che lascia un leggero senso di incompiuto, come se effettivamente mancasse qualcosina: non avremmo per l’appunto disdegnato una conclusione più idonea e accattivante, così come una rasoiata da headbanging sfrenato a spezzare una struttura generale che vira dalla sua comfort zone solo in un paio di momenti isolati.
Ricollegandoci al confronto iniziale, riteniamo che gli equilibri non si siano spostati di molto, visto che continuiamo ad avvertire una marcia in più nell’ultima opera dei Beast In Black, che con la loro freschezza sono riusciti nella non facile impresa di bissare il successo dei loro colleghi qui presenti. Fermo restando che parliamo comunque di due formazioni di serie A, e pur avendo ognuno le sue preferenze è bene che entrambe trovino il proprio posto nei gusti e nel cuore di più appassionati possibile, dal momento che di qualità ce n’è tanta e di prodotti di intrattenimento così c’è sempre bisogno.