6.5
- Band: BATTLE BEAST
- Durata: 00:53:29
- Disponibile dal: 22/03/2019
- Etichetta:
- Nuclear Blast
- Distributore: Warner Bros
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Apple Music:
Il precedente album dei Battle Beast “Bringer Of Pain”, a parere di chi vi scrive, rientra di diritto tra i dischi riusciti a metà nel vero senso della parola: letteralmente una tracklist di cui solo la prima metà si conferma tutt’ora ispirata e più che gradevole, mentre la seconda è riuscita ad abbandonare totalmente i nostri ricordi nell’arco di pochissimo tempo, risultando ancora oggi piuttosto insipida e relativamente priva del giusto impatto, soprattutto se paragonata a quello cui la band di Helsinki ci aveva abituato nei primi anni di carriera. E’ tuttavia necessario riconoscere che non è semplice, per una realtà tutto sommato ancora piuttosto giovane, riuscire a mantenersi su livelli più che accettabili dopo essere rimasta orfana del leader indiscusso, nonché unico effettivo compositore, cui si devono proprio i primi tre fantastici lavori in studio. Parliamo naturalmente del buon Anton Kabanen, il quale ora si sta giustamente beando dell’incredibile successo ottenuto in tempo zero dal suo nuovo progetto, chiamato Beast In Black, i cui due album disponibili sul mercato hanno ricevuto centinaia di recensioni positive, piazzandosi inoltre in posizioni più che rispettabili all’interno delle classifiche di buona parte del mondo.
La questione a questo punto non può che riguardare i suoi ex compagni di band, i quali, pur essendosela tutto sommato cavata bene con l’album di due anni fa, non si può proprio dire che siano riusciti a toccare i livelli raggiunti dalla prima uscita ad opera del loro ex leader, che ricordiamo essere riuscito appena un mesetto fa a piazzare un secondo colpo a segno. La posta in gioco è quindi molto alta per questo nuovo “No More Hollywood Endings”, che potrebbe confermare le doti dei Battle Beast per come li possiamo riconoscere ora, così come mettere ulteriormente in chiaro chi sia colui che detiene da sempre lo scettro del potere.
L’inizio con “Unbroken” lascia apparentemente sperare piuttosto bene: un brano non particolarmente tirato, ma comunque ben confezionato e dotato di un songwriting accattivante e in linea con lo stile dei Battle Beast. La seguente titletrack, che molti di voi avranno già ascoltato grazie al video ufficiale presente in rete, abbassa leggermente l’asticella, così come il contenuto ‘metallico’, presentandosi come una traccia orecchiabile e piacevole, anche se sprovvista della grinta che ci si aspetterebbe, appunto, dal pezzo che prende il nome dall’album stesso.
Da qui in avanti subentra purtroppo una sorta di senso di piattezza generale, spezzato a intervalli irregolari da alcuni momenti più riusciti rispetto ad altri, ma senza avvicinarsi minimamente a quanto fatto nei primi lavori a noi tanto casi, o anche solo ai buoni standard qualitativi dettati dalle prime tracce. In merito alla performance, soprattutto per quanto riguarda la vulcanica vocalist Noora Louhimo, ci sono poche critiche da fare, ma è proprio sul versante del songwriting che sembra manchino le idee, il che si può percepire anche dalla scarsa differenziazione apportata tra un estratto e l’altro, oltre che dalla mancanza quasi totale di picchi davvero esaltanti. Questo almeno fino alla penultima traccia “The Golden Horde”, che finalmente ci permette di ricordare che i Battle Beast nascono anche come band di matrice heavy/power metal, pur apprezzando gli elementi simil-pop anni ’80 che da sempre ne contraddistinguono la proposta: quattro minuti di power metal adrenalinico, rapido e fomentante, conditi da delle parti cantate memorabili e di facile assimilazione. Tutto questo prima di una conclusiva “World On Fire” piacevole, ma nulla di più, in quanto tendenzialmente sulla falsariga di quanto fatto per la stragrande maggioranza della tracklist odierna, all’interno della quale ci è parso che l’elemento pop di cui sopra sia stato usato in maniera forse un po’ troppo smodata, anche per coprire una potenziale carenza in termini di ispirazione. Non siamo purtroppo in grado di fornirvi un parere sulle due bonus track, in quanto la versione da noi ascoltata ne risulta sprovvista.
In conclusione, l’album non è assolutamente da bocciare, ma sarebbe grossolano non riconoscere che, per la seconda volta di fila, l’ex leader Anton Kabanen abbia portato a casa le penne con risultati drasticamente più convincenti, relegando di fatto i suoi ex compagni di band a un ruolo quasi marginale sul mercato, e questo lo dicono anche i dati di vendita, nonché di ascolto, delle proposte di entrambi gli schieramenti. Tuttavia, come sempre, la scelta ora sta a voi che avete appena finito di leggere queste parole.