6.5
- Band: BATTLECROSS
- Durata: 00:36:07
- Disponibile dal: 08/07/2013
- Etichetta:
- Metal Blade Records
- Distributore: Audioglobe
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Gli americani Battlecross arrivano al loro terzo album dopo due discreti lavori che hanno permesso loro di farsi strada nel panorama underground e guadagnarsi una buona visibilità. Parte del merito va data alla prestigiosa Metal Blade Records, la quale ha saputo promuovere a dovere una band che ad ogni modo alle nostre orecchie non è mai apparsa e non appare fuori dall’ordinario. Il death melodico nord europeo fortemente incline al thrash classico e a quello piú moderno di matrice statunitense è molto ben eseguito da un gruppo tecnicamente preparato e in grado di scrivere delle belle ritmiche, spesso parecchio tirate e dal gran tiro. L’incrocio tra Children Of Bodom, Slayer e Lamb Of God, giusto per citare solo tre esempi delle tipologie di influenze sopra accennate, riesce a colpire nel segno con la opener “Force Fed Lies”, un assalto di riff serrati, ritmi indiavolati e alternanza tra screaming e growl che culmina con un ritornello melodico e di presa. La successiva “Flesh & Bone” spinge sull’acceleratore e aggiunge ulteriore melodia a livello di riff e soli, pur mantenendo invariata l’irruenza del cantato, mentre con la successiva “Never Coming Back” il sound si estremizza, si fa ulteriormente tirato e compaiono anche dei blast beat, per un risultato finale che farà la gioia piú che altro di chi ama la velocità di esecuzione. Queste le caratteristiche principali che opportunamente accostate e mescolate a costituire brani al loro interno piuttosto vari, vengono perpetuate per tutto il disco. A parte qualche frangente in cui troviamo isolati rallentamenti, come nella variegata “My Vaccine”, le coordinate restano sostanzialmente le medesime fino alla conclusione del lavoro. Smaltito dunque l’effetto dell’assalto ritmico offerto dalle prime tracce, si finisce per assimilare il tutto senza che rimangano particolari impressioni. Probabilmente le linee vocali molto simili e i ritornelli, che spiccano solo in qualche caso, non offrono quei punti di presa necessari per rendere veramente appetibili dei brani strumentalmente invece molto ben composti, suonati e curati nella produzione. “War Of Will” appare dunque un disco formalmente discreto, ma che, a parte un ristretto numero di tracce degne di nota, non termina lasciando la voglia di premere nuovamente il tasto play.