7.5
- Band: BATTLEROAR
- Durata: 00:54:53
- Disponibile dal: 15/06/2018
- Etichetta:
- Cruz Del Sur Music
- Distributore: Audioglobe
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Conosciamo tutti l’indiscutibile importanza che ha avuto la Grecia nella definizione del concetto di epicità, e non è infatti un segreto che buona parte dei metallari greci sia fan di tutte quelle band che hanno reso di questa componente, nonché delle atmosfere che ne derivano, una peculiarità del proprio sound, da realtà ormai scolpite nell’acciaio e nella storia come i Manowar e i Virgin Steele, fino ad altre più di culto e meno note alle masse. Inoltre, non dimentichiamoci che proprio dalla Grecia arrivano molte band che negli ultimi decenni hanno mantenuto viva la tradizione dell’heavy metal epico, e gli ateniesi Battleroar sono indubbiamente una di queste. Dopo aver rilasciato lo scorso anno uno split insieme agli americani Omen e aver accolto due nuovi opliti tra le loro fila, la band capitanata dal chitarrista Kostas Tzortzis e guidata dal carismatico vocalist Gerrit Mutz (Sacred Steel, Angel Of Damnation), che sostituì a suo tempo il nostrano Gabriele Grilli, torna oggi con un nuovo full-length, intitolato “Codex Epicus”, ricco di tutti quegli elementi tanto cari a ogni buon defender che si rispetti. La formula dei Battleroar attinge da sempre da tutte quelle regole e quegli stilemi dettati dal leggendario “Into Glory Ride” dei sopracitati Manowar, e anche per questo gli otto brani che compongono la tracklist, dopo un suggestivo intro, si presentano come da tradizione relativamente lunghi, evocativi e ricchi di elementi che contribuiscono ulteriormente a definire quel clima quasi mitologico che ci si aspetta di trovare in un lavoro come questo. Possiamo infatti riconoscere un sapiente utilizzo di cori e melodie altamente introspettive rese alla perfezione, anche con l’ausilio di strumenti meno canonici, da dei musicisti che dimostrano di sapersi servire dei modi musicali e delle loro tradizioni per creare un vaso di Pandora che, una volta aperto, riesce a trasportarci direttamente in un tempio antico, su una rupe per osservare il nostro esercito o, direttamente, in mezzo a un combattimento. L’andamento dei brani rimane cadenzato e non particolarmente veloce per buona parte dell’ascolto, fatta eccezione per alcuni momenti isolati come nel finale di “The Doom of Medusa”, nella breve “Kings of Old” e nella conclusiva bonus track “Stronghold” (già presente sul sopracitato split), in cui l’headbanging diventa d’obbligo, dando piuttosto spazio a emozionanti cavalcate come la iniziale “We Shall Conquer” e “Chronicles Of Might”, e a momenti apparentemente più riflessivi come “Sword of the Flame” e “Palace of the Martyrs”, la quale tuttavia nella seconda metà si arrabbia riuscendo anche a spiazzarci al primo ascolto e a posizionarsi sul podio come una delle migliori canzoni del pacchetto. La produzione inoltre è stata studiata alla perfezione in modo da risultare adeguatamente vecchia scuola e moderna nel contempo, con quel tocco quasi grezzo che non guasta, ma senza dimenticarsi che siamo nel 2018. Decisamente parliamo di un album che non manca di varietà e ispirazione, che se ascoltato con gli occhi chiusi riesce davvero a far fantasticare l’ascoltatore e a immergerlo in situazioni che difficilmente si possono dimenticare una volta conclusa l’opera; ci sono dei difetti sicuramente, come alcuni momenti meno memorabili e potenti rispetto ad altri, ma rimane comunque un’oretta durante la quale non si possono non provare forti emozioni, e per questo risulta un ascolto caldamente consigliato a tutti coloro che ancora oggi sognano di brandire una spada e di comprendere quello che qualcuno ha definito a suo tempo come ‘il segreto dell’acciaio’.