BEARDFISH – The Void

Pubblicato il 18/09/2012 da
voto
7.5
  • Band: BEARDFISH
  • Durata: 01:17:00
  • Disponibile dal: 28/08/2012
  • Etichetta:
  • Inside Out
  • Distributore: EMI

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Per una band progressive rock, la parola “prolificità” può essere sinonimo di due cose: qualità altalenante e genialità. I Beardfish, band svedese che si allinea a quella che può considerarsi a tutti gli effetti una sorta di “terza ondata” di musica prog, di sicuro non peccano in talento, ma possiamo sicuramente affermare che spesso le loro proposte non si sono distinte per una qualità omogeneamente alta. Dopo l’ultimo discusso “Mammoth”, disco ritenuto da alcuni un mezzo passo falso e da altri un capolavoro, ci ritroviamo tra le mani questo ottimo “The Void”, CD che per l’ennesima volta sposta l’ago della bilancia della band, facendola pendere dal lato in cui ci siamo noi, comodamente seduti con le nostre cuffie ed un sorriso disegnato dallo stupore e dal piacere. Poche righe digitali sopra, si parlava di terza ondata, in quanto la band nord-europea chiama all’appello band quali King Crimson, Yes, Genesis ed Emerson, Lake & Palmer, ovvero le stesse formazioni che hanno poi generato figli studiosi ed educati, formalmente perfetti e con l’amore per il metal come i Dream Theater, “colpevoli” al loro volta, di aver aperto le menti dei più giovani a questo “nuovo” prog. Un circolo vizioso e quanto mai “virtuoso”, quindi, fatto di incesti musicali e tonnellate di note e talento, che trasudano peraltro da questo “The Void”, disco che (come iniziato dal suo predecessore) preme maggiormente il pedale dell’acceleratore, spingendo il combo svedese verso lidi maggiormente heavy, il tutto però senza diventare mai “volgarmente” ed eccessivamente metallico. Rikard Sjöblom è senza ombra di dubbio uno dei cantanti più dotati in circolazione, in grado di citare tanto il miglior Ian Astbury, quando utilizza le sue rotonde e maschie tonalità medio-alte (“He Already Lives In You”), quanto il più “farinelliano” Ian Gillan, quando si esibisce in estemporanei e dirompenti acuti cristallini. Una interpretazione vocale altissima, ricca di sfumature e che mai, nemmeno per un attimo, cede il passo a linee melodiche scontate e già sentite, evocando invece sonorità strappate a piene mani dal pop più aulico e dal rock più aromatico ed invecchiato. Come da tradizione, sono le tastiere a dominare il tutto, in un dinamismo sonoro da manuale, scivolando in modo liquido dal jazz (“Seventeen Again”) alla musica classica (come nella splendida suite “Note”), passando per quelle fughe strumentali che tanto hanno reso famoso il prog inglese (e non solo). Una produzione spettacolare ci aiuta a cogliere ogni sfumatura di questo splendido disco, permettendoci di godere di ogni nota di chitarra acustica, ogni svisata sul manico della chitarra elettrica, ogni inflessione della poliedrica voce del singer. Peculiarità dei Beardfish è quella di riuscire a non forzare la mano, mantenendo sempre a fuoco la “forma canzone” e dando continuamente l’impressione di farci scivolare da una riff ad un altro, mai spinti in modo forzato in un patchwork di note, ma accompagnati gentilmente per mano ad esplorare tutti i chiaro-scuri della loro proposta, in una visita guidata che ci mostra tutte le stanze della loro casa musicale. Non sarà un ascolto “leggero” e facile, non abbiamo mai asserito questo e, anzi, forse l’ascolto per intero di questo “The Void” potrebbe risultare pesante e difficilmente digeribile in quanto la band sfora abbondantemente l’ora di musica; una musica che per definizione ci dona dettagli ed emozioni in modo direttamente proporzionale all’attenzione che le dedichiamo. Per chi suona i Deep Purple, ascolta gli Yes e canta Beatles e Peter Gabriel.

TRACKLIST

  1. Introduction
  2. Voluntary Slavery
  3. Turn To Gravel
  4. They Whisper
  5. This Matter Of Mine
  6. Seventeen Again
  7. Ludvig & Sverker
  8. He Already Lives In You
  9. Note
  10. Where The Lights Are Low
  11. Ludvig & Sverker (Piano Version)
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