8.0
- Band: BEASTMILK
- Durata: 00:16:22
- Disponibile dal: 02/04/2012
- Etichetta:
- Svart Records
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E’ sempre un piacere immane essere “colpiti” da piccole enormi gemme sbucate dal nulla. Genio e talento smisurati rinchiusi in piccoli capolavori che esplodono dalle tenebre di un underground talmente lontano e sotterraneo che solo un miracolo inaspettato o una pazzesca coincidenza possono dissotterrarne la preziosa e indispensabile esistenza. E’ il caso di “Use Your Deluge”, sette pollici composto da quattro tracce, di una oscurissima band post-punk finlandese chiamata Beastmilk, che ancora dobbiamo capire come ci sia finito tra le mani. Ad una attenta analisi però scopriamo che la band è una sorta di side-project di alcuni membri delle nuove stelle dello psychedelic rock finlandese, ovvero degli Hexvessel, e del leggendario vocalist inglese Kvohst (anch’egli voce degli Hexvessel ma anche nei Decrepit Spectre, Gangrenator, ex-The Tragedians, ex-Code, ex-Israthoum, e soprattutto ex-Dødheimsgard, e ex-Void). Nonostante la pochissima carne messa sul fuoco – a livello prettamente quantitativo, sia chiaro – questo dischetto dunque è un vero banchetto, una di quelle pietanze di cui ci si potrebbe abbuffare per giorni senza ritegno grazie ad un tasto “repeat” sempre inevitabilmente premuto e che sembra impossibile disinserire. Queste quattro piccole enormi canzoni scorrono via in meno di un quarto d’ora, ma scoccata l’ultima nota di “Red Majesty” il vuoto percepito è talmente grande che non si riesce a non ripremere subito ‘play’, ancora, ancora e ancora, all’infinito, senza voler smettere mai. Il post-punk apocalittico dei Beastmilk è sia un qualcosa di stra-tradizionale, nella sua genealogia purissima, diretta discendenza dei Killing Joke, dei Bauhaus, degli Amebix e dei Joy Division, ma anche di inaudito tanto è ben fatto e raffinato, sontuoso, e soprattutto moderno e ricercato. Il suono è enorme e magmatico, le atmosfere dannate e avvolgenti, e il songwriting assolutamente stellare. I riff hanno un taglio malato e dissonante che trascina a se il black metal tanto quanto il deathrock dei Christian Death, senza mai però cedere di un millimetro sotto l’aspetto della fierezza, della delicatezza e del tatto, sempre perfettamente bilanciati. Le voci di Kvohst poi, sono l’assoluto baricentro dell’intero impianto sonoro dei Beastmilk, il quid attorno cui tutto ruota e viene costruito. Ian Curtis sembra letteralmente piombarci nella stanza dall’Oltretomba nel sentire il canto disperato e calibratissimo di Kvohst, ma il vocalist riesce anche a dare alla sua delivery un taglio molto più moderno e raffinato innescando tutta una serie di passaggi baritoni di una purezza assolutamente splendente, che potrebbero far sembrare un totale dilettante anche un veterano assoluto come Ian Astbury, e che riescono addirittura a chiamare in causa il povero Jim Morrison. Quello di cosa stia relegando questa band all’anonimato più totale e alle tenebre dell’inconoscibile, è un mistero che non riusciremo mai a risolvere.