7.5
- Band: BECERUS
- Durata: 00:24:49
- Disponibile dal: 30/04/2021
- Etichetta:
- Everlasting Spew Records
Spotify:
Apple Music:
“Becerus have absolutely NO LYRICS!”. Un’affermazione riportata a chiare lettere nel presskit confezionato dall’Everlasting Spew e che suona come una vera e propria dichiarazione d’intenti sul contenuto di “Homo Homini Brutus”, debut album di questo nuovo progetto death metal guidato da Mario Musumeci dei Balatonizer (voce) e da Giorgio Trombino degli Assumption (chitarra/basso). Spalleggiato da un batterista non meglio identificato, il duo palermitano si presenta ai nastri di partenza con un’opera che non fa nulla per nascondere la propria indole ignorante e cavernicola, snodandosi attraverso un pugno di brani mai superiori ai tre minuti e mezzo di durata e che conducono inesorabilmente l’ascoltatore lungo le strade degli Stati Uniti più gutturali e beceri (appunto) di inizio anni Novanta.
Amate la vecchia scuola ma non ne potete più del solito revival trito e ritrito? Allora l’intuizione stilistica avuta dai Nostri potrebbe fare al caso vostro; d’altronde, perchè riproporre per l’ennesima volta la lezione dei capisaldi quando c’è tutta una schiera di trogloditi da riesumare dalla fossa? Baphomet e Morta Skuld, Broken Hope e Cannibal Corpse (rispettivamente di “The Bowels of Repugnance” e “The Bleeding”), Morpheus Descends… una fiera dell’intransigenza e di tutto ciò che è brutto e volgare in musica che la tracklist restituisce in un flusso mordace e pimpante, lungi dal volerla buttare semplicemente in caciara senza badare all’efficacia e alla sostanza delle soluzioni adoperate. Il tocco di un musicista come Trombino, che già negli ultimi lavori degli Haemophagus (R.I.P.) era riuscito a connotare in maniera per nulla banale la lezione di Autopsy e Carcass, è udibile fin dall’opener “Primeval Ignorantia” e dal suo propagarsi di riff barbari, incalzanti e memorizzabili, evidentemente studiati per imprimersi come una clava calata a tutta forza sul cranio, e da lì non si torna più indietro.
Fra assalti ferocissimi e istanze groovy che non mollano mai la prese, grugniti al microfono e sprazzi affatto sgraditi di tecnicismi e melodia, “Homo…” indovina tutto – compresa la durata – finendo per essere lasciato nel lettore più di quanto ci si potesse aspettare inizialmente, presentandoci l’ennesima valida realtà dello scenario death metal tricolore. Un ascolto disimpegnato (ma non per questo piatto o semplicistico) perfetto per l’inizio della bella stagione.