8.0
- Band: BECOMING THE ARCHETYPE
- Durata: 00:54:33
- Disponibile dal: 05/12/2005
- Etichetta:
- Abacus Recordings
- Distributore: EMI
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Stufi della solita riproposizione del classico riffing svedese, fatta dalle band di sbarbati americani dalle pettinature improbabili? Stufi del latrare senza senso di vocalist che sembrano usciti dal peggior sanatorio mentale? Stufi magari anche di chorus ultra-puliti che lambiscono spiagge pop e odorano di miele lontano sei miglia? Ed ancora…stufi delle parti cadenzate e mosh, così tutte uguali, così ripetitive e monotone? Perfetto, cari detrattori del metal-core…con i Becoming The Archetype si giunge finalmente al momento del dunque: da Atlanta, Georgia, cinque giovinastri che non difettano nell’assomigliare alle centinaia di ragazzi che suonano, ascoltano e adorano il fenomeno metal-core, esplodono a ciel sereno con il loro album di debutto, “Terminate Damnation”, edito dalla Abacus su licenza Solid State e promosso in Europa dalla Century Media. Non c’è affatto bisogno di gridare al miracolo, ma certo è che una serie di particolari fondamentali rendono l’esordio dei BTA un album da ascoltare assolutamente per tutti, e, per gli sfegatati del metal-core, da possedere a botta sicura. Precisando che l’apparentemente immodesto monicker della band si riferisce invece alla biblica aspirazione dell’Uomo a divenire il proprio archetipo, ovvero Gesù Cristo, la band capitanata dal vocalist/bassista Jason Wisdom si propone come l’ultima frontiera del metal-core & affini, superbo ritrovato di tecnica mostruosa, fantasia strabordante e songwriting, se non originale al 100%, sicuramente tre spanne sopra la media. I Becoming The Archetype suonano, infatti, un gustosissimo ibrido metallico comprendente dosi variabili di tutto lo scibile metal: si parte da una lancinante base death metal, con preponderanza di influenze swedish ma anche una valanga di riferimenti al brutal e al grind; si passa poi tranquillamente da sparate di black melodico ad aperture acustiche, da arzigogoli tecnici degni del miglior prog metal ad assoli blueseggianti o in classico stile heavy, da inserti pianistici di cinque minuti a rallentamenti moshy da paura. E il bello è che tutto questo luna-park di suoni riesce a non perdere mai la bussola, rimanendo saldo al comando di un combo che per forza rientra nel calderone metal-core, ma che non ne dovrebbe far parte nel modo più assoluto. Wisdom, una via di mezzo tra Marcus degli Heaven Shall Burn e l’eclettismo vocale di Peter Tagtgren (quindi spaziante tra grida strazianti e growl profondissimi), non concede nessuno spazio a clean vocals, regalando una prestazione spaventosa, e allo stesso modo si possono elogiare i suoi quattro compari, capaci di arrangiare in modo speciale le undici tracce di “Terminate Damnation”. La cover di Dan Seagrave, il final mixing ed il mastering del neo-guru Tue Madsen e l’utilizzo degli Antfarm Studios, dovrebbero essere sinonimo di qualità ed infatti così è: “Elegy” è assolutamente il brano-capolavoro dei BTA (ed uno dei migliori dell’anno), una composizione di undici minuti, sorretta da un riff melodico eccezionale, da una commovente suite pianistica di cinque minuti e da un finale da epica apocalisse; “The Epigone” è forse il brano più vicino al classico death-core, ma è anche semplicemente magistrale; “Into Oblivion”, “The Trivial Paroxysm” e la mazzata “Beyond Adaptation” coinvolgono a pieno regime, mentre gli episodi strumentali (“March Of The Dead”, “Night’s Sorrow” e “Denouement”) denotano oltremodo la classe innata di questi ragazzi. Un avvincente mix di Opeth, Into Eternity, Fear My Thoughts, As I Lay Dying e un’altra decina di gruppi, il quale però risulta davvero poco derivativo. Una formazione che riesce ad unire prog, metal-core e brutal-death in maniera esaltante, precisa e quasi perfetta. La colonna sonora di un colorato armageddon ed un piccolo, grande must.