7.5
- Band: BEHEMOTH
- Durata: 00:40:47
- Disponibile dal: /11/2004
- Etichetta:
- Regain Records
- Distributore: Self
Dopo gli ottimi risultati ottenuti con i precedenti “Thelema.6” e “Zos Kia Cultus”, i Behemoth puntano con “Demigod”, loro quarto full length album in cinque anni, ad affermarsi definitivamente nella scena death metal mondiale. Una nuova label, la svedese Regain Records, una nuova line up e una nuova manciata di ispirate song pronte ad entrare nei cuori dei sempre più numerosi fan della band. “Zos Kia Cultus” viveva di strutture tra le più elaborate mai architettate dai nostri e di parti rallentate pesantissime alla Morbid Angel, il nuovo “Demigod” di assalti death-black più diretti e laceranti del solito (a tratti si ritorna alla relativa semplicità di “Thelema.6”) intervallati da alcuni momenti di “calma” sempre all’insegna di una padronanza tecnica strabiliante che si esplica nella costante ricerca di ritmiche telluriche, controtempi, riff dissonanti e chi più ne ha più ne metta! Nel complesso si ha a che fare con un lavoro lievemente più lineare di “Zos Kia Cultus”, più improntato su velocità sostenute guidate dall’annichilente drumming di Inferno e sull’impatto mostruoso del riffing delle chitarre. “Demigod” per coloro che conoscono bene i Behemoth, è un disco che concede poche sorprese, è tutto sommato ordinario (per loro, naturalmente) e non aggiunge tantissimo a quanto già fatto dai quattro polacchi in passato… però va comunque sottolineata la solita, grande personalità mostrata dal gruppo in questa sede. Al giorno d’oggi di band che suonano death metal con una tale bravura non ce ne sono moltissime: i Behemoth hanno uno stile proprio, sanno come scrivere ottimi pezzi e i loro prodotti sono sempre curatissimi come pochi altri (oggi c’è anche lo zampino di Daniel Bergstrand nella produzione!). In questa occasione, a livello stilistico, hanno magari fatto un piccolo passo indietro anziché in avanti, ma visti comunque i risultati non c’è certo da gridare allo scandalo. “Sculpting The Throne Ov Seth”, la title track o “Slaves Shall Serve” sono infatti composizioni non innovative ma semplicemente eccellenti, sicuramente tra le più ispirate partorite ultimamente da Nergal e soci, e poi di elementi interessanti ce ne sono comunque a iosa: ad esempio l’introduzione doomy di “The Reign Ov Shemsu-Hor” o gli azzeccatissimi inserti di chitarra acustica, spesso orientaleggianti, posti in alcune song (bellissimo quello che apre l’album). Di carne al fuoco ce n’è perciò più che in abbondanza… e i fan dei Behemoth certamente la apprezzeranno!