6.0
- Band: BEISSERT
- Durata: 00:36:55
- Disponibile dal: 12/03/2013
- Etichetta:
- Agonia Records
- Distributore: Masterpiece
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Ci sono formazioni che vorrebbero tentare di innovare la propria proposta pur senza rinunciare ai dettami stilistici del genere proposto. Una di queste sono i Beissert, band tedesca che abbiamo già avuto modo di conoscere una manciata d’anni fa con l’apprezzato “The Pusher”. Del predecessore era stato apprezzato soprattutto il poderoso groove impresso ai brani, abbinato ad un songwriting piuttosto assortito e ad una preparazione tecnica di indubbio valore. Di tutt’altro avviso è il nostro giudizio sul nuovo “Darkness: Devil: Death”, un album che non riesce a fare altro se non suscitarci un forte senso di incompiuto: sono veramente poche le parti significative ed efficaci, qui accantonate per dare largo spazio a strutture più elaborate e a “virtuosismi” vocali sì d’effetto ma comunque stancanti. Lo stile rimane sempre ancorato a quel frullato di rock e thrash metal fortemente influenzato da Exodus e dai defunti Nevermore, con un assetto strumentale sopra la media e un’ampia gamma di soluzioni possibili per inventare e re-inventare i brani. Sono ben undici le tracce proposte; piacciono le atipiche “Perm Trias” e “DXXXV”, che, oltre a mantenere un tiro piuttosto deciso, riescono ad apportare piacevoli novità al suono della band, la prima con un piglio allegro e goliardico, la seconda con un sostenuto incedere industriale vicinissimo a certe idee degli Static-X. Per aggressività e sostanza convince invece “De Profundis Clamavi”, pezzo all’apparenza banale ma in realtà giocato su una schiacciante pressa chitarristica che guarda all’operato della ex-band di Loomis e Dane senza alcun sintomo di inferiorità. Stralci di classe sono diffusi in questo platter, ciò nonostante non riusciamo a salvarci dalla noia e dall’ irrisolutezza che affiorano soprattutto nella sua prima parte, dove gli episodi risultano un po’ piatti e molto meno accattivanti rispetto all’efficiente miscuglio del predecessore. La sensazione è quella di un tentivo andato a finire male di impreziosire ulteriormente la proposta di ambigui accoppiamenti tra partiture strumentali e innesti vocali fuori dalla norma, con il risultato di pretendere forse un po’ troppo per il tipo di potenzialità in proprio possesso. La media generale resta da sufficienza e forse qualcosina in più, ma non possiamo fare altro che constatare un notevole passo indietro rispetto ai buonissimi propositi del passato. Peccato.