7.0
- Band: BEJELIT
- Durata: 01:07:09
- Disponibile dal: 26/03/2012
- Etichetta:
- Bakerteam Records
- Distributore: Audioglobe
Spotify:
Apple Music:
‘Maturità’ è la parola che ci viene per prima alla mente parlando di “Emerge”, quarto lavoro dei lombardi Bejelit. I cinque ragazzi di Arona centrano stavolta il bersaglio e riescono a raggiungere l’obiettivo che con “You Die And I…” e “Age Of Wars” avevano solo sfiorato, ovvero sdoganare la propria proposta musicale e farla uscire dal circuito delle cosiddette band underground, entrando finalmente a pieno diritto in quel salone principale occupato dalle più affermate realtà italiane. Di cambiamenti nel suono dei Bejelit possiamo certo registrarne, compreso un significativo slittamento verso sonorità più solari e ‘power’ rispetto al cupo predecessore; similarmente, possiamo anche registrare un approccio decisamente più energico e positivo all’album stesso, ma quello che veramente ci stupisce questa volta è proprio la maggior completezza che la proposta musicale (forse prima un po’ acerba) della band mostra ora di aver raggiunto. In “Emerge” troviamo tredici brani completi, indipendenti, ognuno dotato di una propria personalità… maturi, appunto. L’intero range delle influenze dei Bejelit viene qui ampliato ed analizzato in modo da dare a ciascun aspetto del sound una propria dimensione: si ottengono così canzoni che rappresentano sia una sorta di ponte con il passato, come l’iniziale “The Darkest Hours”, ma anche brani più moderni che guardano al futuro della band (la titletrack “Emerge”) o anche pezzi più istrionici, debitori del power europeo più classico, grazie ai quali lanciarsi su palchi italiani ed esteri, peraltro al fianco di act famosi come i Rhapsody Of Fire di Staropoli. Questa varietà sembra essere il punto forte dell’album, il quale riesce a non annoiare mai nella sua interezza e ad alternare bene i momenti davvero esaltanti ai (per fortuna pochi) filler, o alle canzoni meno riuscite che si trovano ancora qui e là. Forti della collaborazione con il compositore e poeta Nick ‘Xas’ Giordano, anche nei testi i Bejelit trovano una dimensione nuova, più profonda e riflessiva, che sottolinea in diversi momenti quell’energia, quella voglia di rivalsa, di ‘emergere’ che riempie il gruppo in questo periodo. Nonostante, come si diceva, si segnali la presenza di qualche pezzo meno riuscito degli altri (la interlocutoria “We’ve Got The Tragedy”, dai suoni un po’ plasticosi e del ritornello un pelo privo di mordente), quasi tutti i brani mantengono una propria ferma identità e contribuiscono in egual modo nella costruzione di un album solido e piacevole. Con particolare menzione alla potentissima “C4”, il pezzo migliore del lotto, ed alla lunga suite “Deep Waters”, che tanto odora di quel symphonic/power metal di Rhapsodiana memoria, non possiamo dunque che consigliarvi questo buon lavoro, che stavolta può piacere non solo a coloro che vivono delle sonorità più classiche. Scordiamoci anzi del tutto di frasi come: ‘sicuramente consigliato a chi ama queste sonorità’; la proposta dei Bejelit adesso è pronta ad ambire ad un pubblico ben più ampio. Un buon lavoro.