8.0
- Band: BELL WITCH
- Durata: 01:04:16
- Disponibile dal: 26/06/2020
- Etichetta:
- Profound Lore
- Distributore: Audioglobe
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Il limite è il cielo. Dopo essersi definitivamente affermati come una delle realtà più eclettiche e visionarie dello scenario doom metal internazionale grazie al magnifico “Mirror Reaper”, i Bell Witch si riaffacciano sul mercato con un’opera che, consapevolmente, rimescola le carte in tavola per non sfidare a viso aperto un simile gigante e venirne così schiacciata. Una scelta che non tradisce affatto la poetica musicale del duo statunitense, qui preservata in ogni suo aspetto, e che assume la forma di una collaborazione con l’entità dark folk degli Aerial Ruin, il cui unico membro – il cantante/chitarrista Erik Moggridge – era già apparso in veste di ospite in tutte le release precedenti.
Un’unità di intenti che diventa il suono di quell’America rurale e desolata da cui entrambi i progetti hanno sempre attinto ispirazione per le loro processioni luttuose; uno sguardo rivolto verso i paesaggi di una Natura mozzafiato e insieme inquietante, davanti a cui ricordare le proprie fragilità e la sottigliezza del passaggio tra la vita e la morte. Musica lenta (e non potrebbe essere altrimenti) ma tutt’altro che immobile, frutto di una tensione sperimentale che ne rende subito iridescente il contenuto e che con il passare degli ascolti si dimostra molto più complessa della somma delle singole parti. Un lavoro di compenetrazione totale e sentitissimo, nel cui dipanarsi lo stile della coppia Desmond/Shreibam e quello del succitato Moggridge finiscono puntualmente per esaltarsi a vicenda, trovando di volta in volta nuove vie espressive all’insegna di una scrittura epica e virtuosa.
A tal proposito, un episodio come l’opener “The Bastard Wind” funge da perfetta rappresentazione del discorso: venti minuti di musica che attraversano in maniera audace e progressiva l’intero spettro sonoro degli attori coinvolti, fra movimenti eterei e distaccati (con la sei corde per la prima volta protagonista), tetre digressioni dettate dalle distorsioni del basso e dal growling e crescendo malinconici che, ripresentandosi più volte durante lo svolgimento del pezzo e della tracklist, conferiscono al tutto un lirismo sopraffino e una rassegnata consapevolezza della fine che incombe. E anche quando i Nostri mettono in risalto un solo lato della proposta qui distillata, vedasi l’intimismo acustico di “Heaven Torn Low I (The Passage)”, dall’odore di un falò sotto le stelle e delle ossa dei padri sepolte nella terra, ciò che ne scaturisce fa sì che nessuna delle due personalità abbia effettivamente la meglio sull’altra, trascinandoci in un flusso tanto minimale quanto denso di significati.
Un album, questo “Stygian Bough: Volume I”, che potrebbe tranquillamente fungere da punto di (ri)partenza per le carriere di Bell Witch e Aerial Ruin, oggi più che mai legati da un messaggio artistico profondissimo e racchiuso nelle pagine di un libro immaginario scritto da Loss e Scott Kelly, Townes Van Zandt e Mournful Congregation. Un viaggio fisico e spirituale che, per la sincerità dei suoi contenuti e della sua narrazione, va necessariamente ascritto agli highlight di questo drammatico 2020.